Sconti e saldi di stagione per il “pacchetto della risata” proposto dal Teatro Pirandello che comprende anche “Aragoste di Sicilia” andato in scena sabato sera. Le altre opere sono “Centona”, “Il malato immaginario”, “Due dozzine di rose scarlatte”. Ormai decaduto il cinepanettone, Agrigento non si lascia mancare il teatro panettone, scacciapensieri e arma suprema di distrazione di massa. Una voglia di esorcizzare che dalle Alpi precipita a Capo Passero come giorni fa il quotidiano” la Stampa” faceva notare, (con una nota addirittura in prima pagina), la scelta degli italiani a preferire Aldo,Giovanni e Giacomo invece di andare a vedere, per esempio, “L’amore bugiardo”, durissima lettura critica del femminicidio. Evidentemente lo sanno benissimo i “sovrani” e i cosiddetti poteri forti a redistribuire “panem et circenses” piuttosto che ricchezza ed eguaglianza. E del resto lo ha continuato ad insegnare Hollywood i cui colossal con scenografie sgargianti nacquero a ridosso della grande crisi del 1929.
Per una Commissario Giammanco che proviene da una discussa e discutibile regione Sicilia e per un consulente artistico Mario Gaziano organico a una certa antropologia culturale e politica agrigentina quale migliore occasione di un teatro di pronto soccorso per una “società del rischio” così definita dal filosociologo Beck , scomparso proprio ieri e di cui solo adesso in molti si sono accorti, che sottolinea come la risorsa fondamentale per la gestione del rischio, sia l’informazione e la conoscenza (dalla quale il rischio stesso si genera). Che il teatro panettone cerchi di governare la diffusa incertezza , di accarezzarla e di eluderla ci sembra un tentativo fin troppo baggiano sulla falsariga di un ex-collaudato “sistema Giacchetto” oggi al vaglio persino della magistratura. Lasciando sociologia e indagini a chi di dovere, alla cronaca non resta che annotare come la generazione degli ottantenni la faccia da padrone sulla scena agrigentina e non solo.
Svanite le sonagliere del “Berretto” di Pino Caruso e il profumo delle ”tartine ai cetrioli” dell’Ernesto di Oscar Wilde, ecco un’altra pietanza irrompere sulla scena, un paio di aragoste che addormentano i sensi dell’ottuagenario dottor Danieli, un tempo eroe del sesso come l’Alfio Magnano del Bell’Antonio. Ce la farà l’industriale Danieli a consumare la prima notte di nozze con la moglie verginella e con l’aiuto di una massaggiatrice procacciata dalla suocera, la scatenata Guia Ielo? Il finale, pur con qualche acciacco dell’industriale, ce lo ben sperare. Un finale sussurrato mentre nel film del 1970 interpretato dal “merlo maschio” Buzzanca tutto era più esplicito ed erotizzante. Musumeci e il regista Turi Giordano in questa messinscena optano per un clima più soft anche se non sfuggono alle svenevolezze e ai cinguettii dei personaggi femminili, a nostro parere fin troppo caricati. Sempre un colosso Tuccio Musumeci ormai espertissimo nell’interpretazione di Carlo Danieli che per primo portò in scena nel 1971 e poi nel 2001. Una dittatura catanese che ancora ,piaccia o meno, continua.
(fotogallery di Diego Romeo)