di Ettore Zanca
Rimango a dir poco interdetto quando vedo l’autorevolezza che si attribuisce alle trasmissioni televisive. Specie quando invece di cercare di capire distruggono e basta. Il modello è “sbatti il mostro in prima pagina”.
Che Marco Pantani non avesse una vita normale e stesse passando un periodo difficile lo sanno anche i sassi. Che non stesse bene in quella stanza d’albergo dove morì il 14 febbraio del 2004, è cosa risaputa.
Quello che invece colpisce è che una trasmissione francese, “Stade 2”, che ha dedicato una puntata alla morte di Marco, non solo non cerchi di fare luce sulle reali cause, ma si affretti a dire che Pantani è effettivamente morto di overdose e che non c’è nessun colpevole. Ah no? e le prove occultate perchè sarebbero state “dimenticate” o distrutte, e l’evidente negligenza nel condurre le indagini riconosciuta successivamente da altri inquirenti?
Mi fa poi dubitare un esperto che sostiene: “è normale in morti di overdose che la scena sia quella che si è presentata agli occhi di chi ha visto Marco Pantani”, peccato che in certe perizie si parli di sangue per terra e altre dicano che il sangue non c’era.
In ogni caso, quando si fa giornalismo d’inchiesta, cari signori, non si fa solo per distruggere, si fa per trovare una spiegazione, appellarsi a una overdose e dire che è solo questo, con le evidenti omissioni conclamate non basta.
Quello che preme è sapere la verità, e perchè soprattutto, se anche la verità fosse quella sostenuta lì, sia stata nascosta. Ci sono fax con ora della morte cambiata, tagli nei video della polizia e alterazioni di prove. Non è un banale caso di overdose. E se lo trattate come tale significa solo che mancate di rispetto alla sua memoria e a chi ancora cerca di capire che cosa è successo a Marco. In ogni caso, cari cronisti e opinionisti di quella trasmissione, sappiate una cosa, considerato come è stato triturato, mi spiace dirvi che Marco per me è vittima, non colpevole, e non solo di se stesso, come ipotizzate voi.