Benvenuti nel paese dei campanelli, che suonano sempre più insistenti. Il paese in cui uno schiaffo a una donna è un gesto d’amore, giustificato da lei con “ogni tanto perde la pazienza però mi ama”, fino al peggio, dove tre mesi di coma di un tifoso ferito per essere andato a vedere una partita, non sono bastati a riflettere sul calcio, fino alla morte di quel tifoso, dove una sconfitta di calciatori strapagati invece fa fare mea culpa oceanici. Il paese dove la frase classica è “non deve accadere mai più”, per tangenti, corruzione, criminalità. Con carceri strapiene solo per chi non può permettersi di aggiustare un processo, per gli altri le stesse carceri hanno i tornelli. Dove il diritto si applica e poi non punisce. Benvenuti nel paese in cui in qualsiasi situazione paga l’onesto, dimettendosi, infangandolo, delegittimandolo, dove non c’è meritocrazia, dove si litiga per il proprio orticello e lo si spaccia per una buona causa. Dove ogni reato deve compiersi fino a che ci scappa il morto, per indurre qualcuno a pensare (solo pensare) a una legge apposita. Dove l’indignazione è solo sul web, dove condividere su facebook è tacitare la propria coscienza. La vita continua a metterci piccoli campanellini, avvertiamo segnali di scricchiolio, nei rapporti umani, in amore, nella vita pubblica. Quei campanelli ormai suonano, tanto da essere quasi una domenica a festa, quei campanelli sono campanili da suono ininterrotto. Va tutto bene.