“Se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare”.
Questa è probabilmente una delle frasi più famose ed abusate degli ultimi 50 anni. La cosa più divertente in ciò, è che si tratta di una “citazione in cerca d’autore”; non si è mai scoperto infatti chi abbia pronunciato o scritto tale frase. Alcuni attribuiscono l’aforisma a Mark Twain – noto ai più, come Wilde e Bukowski, grazie a Facebook e alla moda di aggiungere i loro aforismi in descrizione a foto di dubbio gusto – altri a Emma Goldman – meno conosciuta del primo, era un’anarchica russa – altri ancora invece, l’attribuiscono all’ex sindaco di Londra, Ken Livingstone.
Il preambolo appena finito, è una sorta di traccia su come continuerà il mio discorso, io non darò mai una spiegazione univoca di ciò che esporrò, ma tenterò invece di esporre i pochi fatti innegabili e magari di citarne le fonti. Il motivo del mio comportamento è semplice, io sono molto giovane – e per molto giovane intendo dire che potrei essere il figlio di Renzi, non Renzi – e ho notato che quelli della mia generazione hanno la pessima abitudine di voler imporre il loro punto di vista a tutti e su tutto e questo lo trovo molto stupido oltre che, sostanzialmente, inutile; stupido e inutile anche perché tre quarti di ciò che enunciano gli è stato spesso inculcato dai genitori, dai media, dai partiti, a scuola, dalla “massa” da cui tutti si distinguono e non si riconoscono, ma di cui alla fine fanno parte.
In questi giorni si è molto parlato delle Elezioni Europee, effettivamente potremmo dire che mai tanto interesse avevano suscitato come in questi giorni. I dati sono lapidari: il Partito Democratico ha totalizzato il 40,81 %, MoVimento 5 Stelle il 21,16%, Forza Italia il 16,82%, Lega Nord il 6,16%, Nuovo Centro Destra – Unione di Centro il 4,38%, L’Altra Europa con Tsipras il 4,03% (Interno.it).
Come noto, a seguito di questi risultati, alcuni, sostanzialmente molti “grillini” hanno reso noto il sospetto che le elezioni avessero subito delle “forzature”, dei brogli in parole povere, a questo si è unito il commento dello stesso leader del Movimento, Beppe Grillo che ieri sul suo blog titolava:”Broglio sì, broglio no: la terra dei cachi”.
Probabilmente la solita vecchia storia, il perdente di una gara dice che all’ultima curva hanno reso il fondo stradale scivoloso e lui ha perso. E se non fosse così?
Storicamente l’Italia è un Paese di santi, poeti e navigatori, ma anche di “furbetti del quartierino”, di “eroi silenziosi” come Vittorio Mangano e di gente che fa saltare in aria interi tratti di autostrada per far tremare il popolo, più che lo stato, quello trema già da sè.
Nell’età giolittiana, proprio Giolitti venne apertamente tacciato di essere “Ministro della malavita” e Gaetano Salvemini – politico e docente universitario – dichiarò che: “in vista di un’elezione, la polizia, in combutta col partito ministeriale, arruolava la feccia della città o del collegio e delle città limitrofe. Nelle ultime settimane prima delle elezioni, gli oppositori erano impediti di parlare in pubblico, minacciati, randellati, assediati in casa, o messi senz’altro in prigione fin dopo le elezioni. I votanti in sospetto di appoggiare l’opposizione non ottenevano i certificati elettorali. Quelli, invece, che favorivano i candidati governativi, ottenevano non soltanto i certificati propri, ma anche quelli degli oppositori, degli emigrati, dei defunti. Così potevano votare tre, cinque, dieci, venti volte. I candidati governativi vincevano sempre. Qualsiasi deputato sfidasse Giolitti, si sarebbe trovato a mal partito alle prossime elezioni”.
Noi siciliani, “gattopardiani” per natura, sappiamo che tutto cambia affinché nulla cambi; e ancor più sappiamo che non serve immergere la mano nell’acqua per sapere che è bagnata.
Nei giorni immediatamente prima delle elezioni, internamente ai partiti giravano dei sondaggi, perennemente aggiornati settimana per settimana, ovviamente a causa delle legge tali sondaggi non potevano trovare larga diffusione, ma erano soltato a uso e consumo degli “addetti ai lavori”; questo perché i sondaggi potrebbero influenzare il voto, seguendo il pensiero che “l’individuo è fondamentalmente portato a seguire il volere della massa”.
In Sicilia, i sondaggi erano molto interessanti in tal senso, 3 giorni dalle elezioni i sondaggi avrebbero dato i seguenti dati: M5S 35%, PD 22-23%, FI 21-22% circa, NCD oltre il 7%, Lista Tsipras qualcosina più del 4% – vogliate perdonare le percentuali “grossolane”, ma non sempre si possono prendere appunti precisi alla virgola.
Che i sondaggi siano incerti, imprecisi, scientificamente poco dimostrabili e – si vocifera – vagamente “falsati” da chi li commissiona è noto e anche giuridicamente ammesso, certo però è strano, qualcosa è strana. Perché mai dei sondaggi non commissionati dai 5stelle avrebbero dato quel risultato? Per una strana bizza del destino? Probabile.
Certo è che i risultati in Sicilia sono stati seguenti: PD 33,61%, M5S 26,30%, FI 21,25%, NCD 9,13%, Lista Tisipras 3,57%. Certo è anche che i numeri del sondaggio non hanno subito grosse modifiche per due dei partiti citati, però altri tre hanno subito grosse variazioni – ovviamente ammettendo per assurdo, che i sondaggi abbiano una qualche credibilità – in particolare balza all’occhio come proprio due partiti di governo abbiano raggiunto risultati “inaspettati” – almeno per questo sondaggio, magari per altri il PD era al 42% e NCD al 15%, questo non lo possiamo sapere.
Sicuramente queste parole servirebbero ad un “complottista” del web per parlare di chissà quali brogli, ma giurisprudenza insegna che servono prove tangibili per accusare qualcuno di qualcosa e anche nell’improbabile caso in cui, il sondaggio citato fosse reso pubblico dalla società che lo ha eseguito non avrebbe alcuna importanza, dato che, come detto, i sondaggi – specie quelli elettorali – per quanto possano essere considerati affidabili non godono di alcuna credibilità o comunque ufficialità scientifica circa i loro risultati.
Tornando al discorso che gira in rete, molti hanno “accusato” la società Scytl di essere colei che ha dato i risultati delle elezioni “Praticamente i risultati ce li darà questa Scytl!”si legge in alcuni post e articoli sia su internet che su Facebook. Effettivamente, la società spagnola Scytl è un’azienda informatica che si occupa del sistema di conteggio informatizzato dei voti, come scritto sul sito della stessa società: “Scytl and TNS opinion provide the Results Website for the 2014 EU Parliamentary Elections”; stessa cosa troverete a fondo pagina (TNS/Scytl in collaborazione con il Parlamento europeo).
Sicuramente vi starete chiedendo cosa ci sia di male nel far conteggiare i voti ad una società privata, sicuramente nulla, solo che, cercando in rete, è facile vedere come la Scytl ha già fatto discutere molto nel 2012 negli USA, quando doveva contare i voti delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Le discussioni nacquero perché girava voce che uno dei proprietari o azionisti della Scytl fosse, George Soros – anche per curiosità, vi invito, nel caso non lo sappiate, a cercare chi sia Soros su google. Altre polemiche dicevano che uno dei maggiori finanziatori della campagna elettorale di Obama fosse proprio l’amministratore delegato della Scytl, quel che è certo è che nulla fu dimostrato e qualcosa fu addirittura inventato in tutte queste polemiche.
I “complottisti” si spingono poi a ricordare come anche il pluri-premiato regista Michael Moore, che nel documentario Fahrenheit 9 11, denunciò i possibili brogli che ci furono alla elezioni presidenziali americane del 2000, dove, secondo Moore avrebbe dovuto vincere il candidato democratico Al Goore, ma così non fu, dato che alla White House entrò Bush Junior.
Tutto ciò sembrerà a molti solo un’accozzaglia di informazioni mal confezionate al fine di dar credibilità ad una tesi, e probabilmente hanno ragione, però è interessante notare come la paura dei brogli faccia presa su larga parte della popolazione. Perchè? Storpiandone il significato potremmo forse dire “Vox populi, vox dei”?
Prendendo in prestito le parole Norberto Bobbio: “Mi ritengo un uomo del dubbio e del dialogo. Del dubbio, perché ogni mio ragionamento su una delle grandi domande termina quasi sempre, o esponendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo ancora un’altra grande domanda. Del dialogo, perché non presumo di sapere quello che non so, e quello che so metto alla prova continuamente con coloro che presumo ne sappiano più di me”.
Sean Gulino