
La domanda sorge spontanea. La prossima volta, dopo Napolitano, al Quirinale, chi ci va?
Si è pensato di trovare una soluzione che rompa la tradizione e le caste. Ci sarebbe Francesco Schettino, ma ci farebbe fare un inchino all’Europa troppo somigliante a un naufragio definitivo.
Giulio Andreotti non può, hanno detto che non è consentito più mandarlo indietro da dov’è, lì ricopre un ruolo dirigenziale e non è in grado assolutamente di assumere altri incarichi. È oberato di lavoro.
Prandelli ha declinato l’invito, ha detto che dopo I mondiali si ritira a vita privata, troppo stress. Balotelli che non si sveglia nemmeno se gli bussa il ministro in camera, gli hotel che presentano il conto a lui per I lampadari danneggiati dalla chioma di El Sharaawy, Totti che ogni giorno lo chiama per sapere perchè non lo convoca, che lui è giovane, le crisi epilettiche che gli provoca il solo guardare I tatuaggi di Insigne e I furti in camera d’albergo dei giocatori juventini, che poi deve prenderli per le orecchie e fargli restituire tutto.
Dopo tanto scartare sono rimasti in due.
Uno fa già questo mestiere, Presidente di una repubblica. Però in Uruguay. Josè Pepe Mujica. Definirlo irreale è un eufemismo. Vive con 485 dollari di stipendio (pensate allo stipendio del nostro, di Presidente…), il resto tutto in beneficenza, ha come casa una fattoria e va al “lavoro” incontrando la gente per strada. Ha dichiarato: “Mi chiamano il presidente più povero, ma io non mi sento povero. I poveri sono coloro che lavorano solo per cercare di mantenere uno stile di vita costoso, e vogliono sempre di più. E’ una questione di libertà. Se non si dispone di molti beni allora non c’è bisogno di lavorare per tutta la vita come uno schiavo per sostenerli, e si ha più tempo per se stessi”. Alla conferenza delle Nazioni Unite del 20 giugno ha detto: “Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare.
Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!”. Un pazzo, o l’uomo che ogni nazione vorrebbe come Presidente. Unico problema: la cittadinanza, per cui forse, la Costituzione per questo aspetto non si può modificare, per altre porcate invece sì.
Infine ecco il candidato scovato da me. Vive a Genova, per strada, di carità. Ha una fissazione, da una vita studia il Titanic e le operazioni per recuperarlo. Del transatlantico ha fatto un modellino e un quadro. Lo ha ritratto mentre affonda e mentre giace in fondo al mare.
Una riproduzione perfetta, cosa ancora più fantastica, tutta realizzata con le lattine delle bibite. Si accontenta delle offerte che gli fanno per guardare le sue opere per strada.
È il nostro uomo, se siamo destinati al naufragio, almeno che sia con la poesia e l’umiltà di chi, un naufragio, lo sa ritrarre con dolcezza.
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