“Stiamo perdendo tempo mentre il mondo ci chiede di correre a velocità doppia, la politica che non sa correre produce soluzioni che non riesce a concretizzare”. Con queste parole Matteo Renzi, pur non nominandolo direttamente, è tornato sullo stallo politico italiano dovuto alla mancanza del nuovo governo e il ricorso a soluzioni miranti a prendere tempo nell’attesa di pervenire all’elezione del nuovo Capo dello Stato.
Una questione, quella dell’elezione del Presidente della Repubblica, che sta impegnando le diverse forze politiche allontanandole da quella che dovrebbe essere la priorità, ovvero la formazione di un governo per evitare che l’Italia precipiti nel baratro.
E neppure i maldestri tentati del Capo dello Stato di prender tempo, come ad esempio il ricorso ai dieci saggi o la prorogatio del governo Monti come soluzione seria e credibile, hanno sortito gli esiti sperati.
Gli accadimenti di questi ultimi giorni potrebbero fuorviare facendo credere che prima si eleggerà il nuovo Capo dello Stato e poi sarà quest’ultimo, forte del potere dello scioglimento delle camere, a tentare di spingere le forze parlamentari a formare un governo. Invece, la realtà potrebbe essere ben diversa di quanto non appaia nonostante le divisioni che sembrano acuirsi tra i diversi partiti.
Grillo continua a tuonare dal suo blog e rivolgendosi agli elettori del suo movimento, qualora avessero votato M5S pensando che questo avrebbe formato un governo con i vecchi partiti, li invita per la prossima volta a votare la vecchia politica. Mentre il PDL sempre più in difficoltà dall’evolversi degli eventi fa quadrato attorno a Silvio Berlusconi che sembra impaurito dall’eventualità che il PD occupando tutte e quattro le prime cariche istituzionali dello Stato (quindi anche la Presidenza della Repubblica) possa facilitare il consolidamento di una maggioranza parlamentare favorevole alla sua soppressione politica. A nulla sono valsi finora gli appelli alla responsabilità del PDL coi quali si invita il PD al governissimo, poiché Bersani, nonostante le spaccature interne al PD, continuando a fare orecchie da mercante sembra manifestare la convinzione di poter chiudere a tutto svantaggio di Berlusconi anche la partita per la conquista del Colle.
Al PD per portare in porto positivamente l’elezione del Capo dello Stato potrebbe bastare accordarsi solamente con Scelta Civica ed in questo caso il nome più gettonato sarebbe quello di Romano Prodi quale Presidente della Repubblica. Nome sgradito a Berlusconi, così come potrebbe esserlo quello del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky tanto caro al M5S ma improponibile per il PDL e la serenità del suo leader.
L’incarico conferito a Bersani a formare un governo per il momento non è stato ritirato da Napolitano. Se da un lato il leader della coalizione di centrosinistra non intende costituire un governo con il PDL e neppure tornare immediatamente al voto dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato, causando di fatto l’implosione del PD, dall’altro si guarda bene dal farsi stritolare politicamente dalle forze avverse tutte interne al proprio partito.
D’altro canto pare difficile che il centrosinistra possa cedere senza colpo ferire la Presidenza della Repubblica – sette anni – al PDL in cambio della nascita di un governo Bersani; un governo di minoranza che comunque avrebbe vita breve e con il ritorno alle urne in poco tempo verrebbe a terminare anche il mandato dei presidenti di Camera e Senato.
Berlusconi e tutto il PDL sanno benissimo che mai e poi mai il centrosinistra cederebbe loro la Presidenza della Repubblica, ma devono comunque stare bene attenti alla miccia M5S poiché un loro improbabile – ma non impossibile – avvicinamento politico al PD potrebbe rappresentare la fine politica del Cavaliere, del suo impero politico-economico e dell’intero partito di plastica.
Berlusconi è consapevole di dover cedere qualcosa a Bersani, quel qualcosa che nella prassi potrebbe tramutarsi in un appoggio alla nascita del nuovo governo in cambio di una convergenza sulla Presidenza della Repubblica, col PDL che potrebbe scegliere quale prossimo inquilino del Quirinale un nome non sgradito su una rosa proposta dalla coalizione di centrosinistra.
In uno scenario politico dai fragili equilibri e mutevole come appare quello italiano attuale, potrebbe trovare fondamento l’indiscrezione che vedrebbe le dimissioni di Pietro Grasso dalla Presidenza del Senato per andare a ricoprire l’incarico di ministro della Giustizia, lasciando così lo scranno più alto del Senato ad un esponente del PDL e rendendo possibile nell’immediato la nascita di un governo Bersani che potrebbe avrebbe in poco tempo l’appoggio esterno del PDL o più probabilmente di gruppi di responsabili del centrodestra. Il Governo potrebbe quindi nascere prima dell’elezione del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Camera dei Deputati nella giornata di oggi ha comunicato che “la seduta del Parlamento, integrato dai delegati regionali, potrà avere luogo già a partire da giovedì’18 aprile”. La partita per il Colle rimane dunque per il momento aperta e tutta da giocare.
Una cosa è certa, un governo di minoranza in una congiuntura politico-economico e geopolitica così difficile sia per l’Europa, ma soprattutto per l’Italia, è un opzione che quest’ultima non può proprio permettersi. Il mondo corre e l’Italia non può fermarsi. Inoltre, i venti di guerra nucleare che sembrano addensarsi tra Corea del Nord e Stati Uniti, fanno grande paura a un’Europa fragile che sembra viaggiare a due velocità.
Totò Castellana