L’elezione di Rosario Crocetta a Presidente della Regione rappresenta un evento che sembra aver messo all’angolo la politica (fine a se stessa) e una tradizione che “bollava” sempre i candidati di sinistra. Il consenso ricevuto è stato di parte, ma anche trasversale. Votato perché anti-mafioso praticante e non parolaio, perché voce fuori dal coro (mestieranti della politica), perché opzione che può dare una “regolata” alla Regione Sicilia.
La storia dell’ex sindaco di Gela rappresenta una garanzia reale per una gestione onesta del potere. Sappiamo che il potere insudicia chiunque, ma Crocetta è refrattario a pratiche indicibili e condannabili. La semplicità del personaggio e il piglio risoluto lo connotano positivamente. Ne fanno un uomo politico anomalo tra i politici italiani: particolarmente sensibili ad inchiavardarsi col potere.
Il momento storico che vive l’Italia, fortemente caratterizzato da una crisi economica che da quindici anni non consente al nostro Paese di crescere (Pil), la crisi profonda in cui annaspa da tempo immemore la nostra Regione, il grosso deficit di credibilità della nostra classe politica, la disperazione dei giovani in cerca di lavoro e la chiusura di certe imprese una volta considerate solide, non consentono più alcun attenuante per la deputazione che siede all’Ars.
L’astensionismo di molti siciliani e la forte affermazione del Movimento cinque stelle – manifestato col voto del 28 ottobre – hanno “avvisato” i partiti tradizionali. Tuttavia, corre l’obbligo di manifestare che l’opera del nuovo governatore della Sicilia rischia di essere intralciata dal sistema dei partiti. Un sistema che fino ad ora ha portato prevalentemente alla mera gestione del potere, poco incline a considerare le istanze dei ceti sociali e del mondo produttivo, teso ad ingraziarsi l’elettorato per accrescere clientele, a reclamare poltrone e prebende, a dar corso a giochi di potere per conservare il potere, ad auto-foraggiarsi.
Non sappiamo se Crocetta ha contratto “debiti da contropartita” durante la campagna elettorale, ma per come ha iniziato il suo mandato e per le dichiarazioni che rilascia continuamente parrebbe di no. Adesso si apre il problema governabilità, il governatore non ha una maggioranza parlamentare. Gli alleati della prima ora (Pd e Udc) pretenderanno, ad ogni costo, dei posti in giunta? Cosa chiederanno le altre forze politiche in cambio dei voti favorevoli in aula? Si ritornerà al passato? Oppure verranno condivisi, da tutti, quelle azioni che faranno davvero gli interessi dei siciliani?
E’ certo che una discontinuità dal passato è necessaria, se così non fosse annegheremmo per sempre. Rammentiamo che la Corte dei Conti nel valutare il
bilancio consuntivo del2011 ha quantificato in circa 4 miliardi (roba da fallimento) il debito ufficiale della Regione Sicilia. E sulla attendibilità di alcune poste di bilancio sussistono dei dubbi. C’è il rischio che il debito sia più consistente e che si debbano richiedere aiuti straordinari allo Stato. Lo sanno i vincitori e i vinti.
La partita va giocata fino in fondo (fine legislatura), e ogni giocatore dovrebbe mettere da parte l’interesse personale. Chissà se, alla fine, la politica non riacquisti dignità e la Regione Sicilia non diventi l’Istituzione dove si realizzano le aspirazioni dei siciliani.
Rogero Fiorentino