“Nella parte del rapporto Ecomafia 2012 relativa alla Sicilia viene evidenziato – commenta Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – il processo di reimmersione della mafia, al fine di potere meglio curari i propri affari. In questo processo il rapporto con i colletti bianchi, o sarebbe meglio parlare di borghesia mafiosa, diventa strategico.
I settori in cui stanno crescendo più rapidamente gli affari di cosa nostra (si stima un movimento di almeno 56 miliardi di euro) sono quelli tradizionali dell’ecomafia: il ciclo del cemento, il controllo degli appalti e la grande distribuzione organizzata.
Non è un caso – continua Fontana – che al crescere di questo volume d’affari siano anche aumentati, in questi settori, i sequestri a carico, spesso, di insospettabili imprenditori e gli arresti anche di amministratori pubblici, consiglieri comunali, sindaci, nonché grandi professionisti.
Si ricordino su tutti, gli arresti di un candidato alle amministrative di Palermo, del presidente del Consiglio comunale di Misilmeri e del sindaco di Campobello di Mazara. Quest’ultimo accusato di essere interno alla cosca capeggiata, ancora oggi, da Matteo Messina Denaro. E gli investigatori pensano di avere messo le mani sul patrimonio investito nel settore turistico dallo stesso capomafia di Castelvetrano. Clamorosa, infatti, per entità e profilo dell’imprenditore coinvolto, la richiesta di sequestro formulata nel marzo dalla Dia di Palermo: 5 miliardi di euro di patrimonio riconducibili al patron della Valtur, Carmelo Patti, che gli investigatori accusano di essere, in sostanza, il custode del tesoro di Matteo Messina Denaro. Secondo la ricostruzione della Dia ci sarebbe “un’inquietante sperequazione tra redditi e investimenti”. Tradotto: l’impero economico dell’imprenditore, i villaggi, ma anche numerose società, terreni e immobili sparsi tra la Sicilia e la provincia di Pavia, non sarebbe riconducibile alla sola sua attività imprenditoriale.
Per combattere l’attuale cosa nostra, che fa molti affari e spara poco, si stanno dimostrando molto efficaci i sequestri e le confische dei beni, unico vero grande spauracchio dei boss. Proprio per questa ragione bisognerebbe affrontare con maggiore attenzione il tema dell’affidamento per fini sociali dei beni confiscati, ed evitare semplificazioni che, attraverso la vendita degli stessi, potrebbero – conclude Fontana – indebolire quest’istituto, cancellando di fatto la legge Rognoni – La Torre”.