“Il 30 marzo 2007 il Sindaco di Siculiana (Agrigento) dott. Giuseppe Sinaguglia – come scriveva l‘avvocato Mellini in un suo articolo -, indiceva una manifestazione contro la permanenza, l’ampliamento e la gestione della discarica sita nel territorio Comunale, originariamente destinata a raccogliere per dieci anni i rifiuti urbani solidi di quel Comune e di quelli di Montallegro e Cattolica Eraclea, ma divenuta oramai la pattumiera di mezza Sicilia, in funzione da circa venti anni.”
A chi serviva l’ampliamento della discarica di Siculiana? A chiederselo successivamente furono in molti.
A partire dal comune di Montallegro, vicino alla riserva naturale di Torre Salsa, dove dovrebbe sorgere la nuova mega vasca di quasi 3 milioni di metri cubi dell’ impianto di smaltimento gestito dalla ditta Catanzaro, per finire con il deputato del partito democratico all’Ars, Giacomo Di Benedetto, il quale ha presentato una interrogazione urgente all’ Assessore Regionale per l’Energia e Rifiuti e all’Assessore Regionale per il Territorio e l’Ambiente.
Ed effettivamente, stando a quanto riportato da ricorsi ed interrogazioni, dubbi ne sorgono tanti.
Una nuova vasca che con la sua capacità di accogliere circa tre milioni di metri cubi di rifiuti, potrebbe servire la metà della Sicilia.
Secondo quanto scritto dall’avvocato Mauro Mellini, prima ancora dell’ampliamento e del progetto di questa nuova vasca, la discarica originariamente destinata a raccogliere per dieci anni i rifiuti urbani solidi di Siculiana, di Montallegro e Cattolica Eraclea, era divenuta oramai la pattumiera di mezza Sicilia, in funzione da circa venti anni.
Ieri, la sentenza del processo cosiddetto ‘’ Marna bis ‘’.
Il Gup del Tribunale di Palermo, Sergio Ziino, ha assolto perchè il fatto non sussiste, Giuseppe Callea, capitano dei vigili urbani, prosciogliendo gli altri tre imputati Giuseppe Sinaguglia, ex sindaco di Siculiana, l’ingegnere Pasquale Amato, il geometra Gino Meli, indagati nel processo sull’utilizzo della discarica di Siculiana.
La magistratura ha fatto il proprio dovere, facendo chiarezza e legittimando l’operato di amministratori e funzionari onesti, che, forse per avere effettivamente operato con onestà (controlli alla discarica) e per aver sensibilizzato l’opinione pubblica (manifestazione ’capitanata dal sindaco), hanno dovuto subire un processo che li ha visti triturati ingiustamente dalla gogna mediatica.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, denominata “Marna”, aveva portato alla luce, nell’ottobre del 2007, le presunte estorsioni ai danni degli imprenditori di Agrigento e provincia. A ribellarsi al racket furono proprio sei dei presunti imprenditori estorti: Giuseppe Catanzaro, presidente di Confindustria di Agrigento, il fratello Lorenzo, Emilio Greco, Vincenzo Consiglio, Giuseppe Gaglio ed Antonio Mirabile, costituitisi successivamente parte civile nel processo.
La Procura distrettuale antimafia di Palermo, con l’accusa di abuso di ufficio e interruzione di pubblico servizio aggravati dall’aver favorito la mafia, chiese. il rinvio a giudizio per l’ex sindaco di Siculiana Giuseppe Sinaguglia, per l’ex comandante della Polizia municipale Giuseppe Callea, per il funzionario comunale Luigi Meli, e per l’ex dirigente dell’ Ufficio tecnico comunale di Siculiana, Pasquale Amato.
Secondo le accuse l’ex sindaco, l’ex comandante, l’ex capo Utc e il funzionario comunale avrebbero fatto troppi controlli e verifiche nella discarica di Siculiana di contrada Matarana, gestita dalla Catanzaro Costruzioni, facendo poi sospendere i lavori di ampliamento della terza vasca con un provvedimento amministrativo illegittimo che interruppe per circa un mese il pubblico servizio di discarica. Individuata tra le pressioni in danno dei Catanzaro, anche una manifestazione pubblica contro l’ampliamento della discarica promossa dal sindaco Sinaguglia e a cui parteciparono altri sindaci, assessori e consiglieri dei paesi limitrofi.
A ricostruire la storia della discarica, anticipando l’esito del processo in tempi non sospetti, l’avvocato Mauro Mellini, che nel suo articolo dal titolo “Il cacio della mafia sui maccheroni della monnezza“, scriveva:
“La storia di quella discarica è del tutto singolare, o, forse, è solo esemplare.
La discarica di Siculiana era considerata d’avanguardia per le tecniche impiegate e per il piano di funzionamento e di finale recupero ambientale. I tre Comuni erano costituiti in consorzio ed i lavori di interramento dei rifiuti erano affidati ad una società, pare legata al circuito delle Cooperative, la De Bartolomei, cui si era associato un modesto imprenditore edile locale: Giuseppe Catanzaro, con il fratello Lorenzo. Senonché la Di Bartolomei andò in fallimento. Il Comune di Siculiana (capo consorzio) anziché procedere ad una nuova gara d’appalto, preferì trasferire senz’altro la gestione dei lavori al Catanzaro.[…] Mentre il Sindaco di Siculiana capeggiava quella manifestazione, che non era di semplice e generica ostilità al perpetuarsi ed all’ingigantirsi della discarica, visto che il contenzioso tra quella che oramai era l’”impresa Catanzaro immondizie ed affini” era piuttosto nutrita e articolata, un noto mafioso, Di Gati, boss di Racalmuto, costituitosi dopo lunga latitanza, stava “collaborando”.In questi casi raccapezzarsi con dichiarazioni, contro dichiarazioni, versioni e nuove versioni non è mai troppo facile. Sembra che questo pentito, che durante la latitanza avrebbe frequentato un altro “collega” latitante, Gerlandino Messina, nascosto in un residence a Siculiana Marina, ricevendo notizie sugli avvenimenti locali, abbia imboccato la via dell’ecocollaborazione fornendo notizie delle estorsioni di cui sarebbe stato vittima Catanzaro. Senz’altro la via giusta, se per un pentito quel che è importante è aver qualcosa da dire nelle cose che sono sulla bocca di tutti ed interessano particolarmente agli inquirenti ed alle autorità in genere. Intanto un attentato fatto ad Agrigento in un capannone della ditta dei Catanzaro, aveva fatto balzare questi nelle cronache nazionali, come eroi antimafia, in quanto quell’attentato sarebbe stato la conseguenza del rifiuto, peraltro risalente ad anni prima, di continuare a pagare il “pizzo”, quello di cui parlava Di Gati. Eroe ed esempio per i pusillanimi. Montezemolo, che a Torino della mafia può tranquillamente infischiarsene, annunziava che Confindustria avrebbe espulso quegli imprenditori che avessero continuato a pagare. Giuseppe Catanzaro che aveva pagato, ma poco, solo tre volte e poi aveva sfidato Cosa Nostra subendo un attentato fortunatamente senza danni alle persone e pochi alle cose, era un esempio per tutti.”
Gian J. Morici
Sarebbe giusto dare lo stesso rilievo e la stessa pubblicità alla sentenza di assoluzione, come si è fatto quando è partita l’inchiesta. Chi ha sfruttato mediaticamente l’inchiesta, oggi dovrebbe chiedere scusa ed eventualmente ristampare i libri con qualche errata corrige.
Oggi c’è ancora chi, dopo avere prima sparato a zero sulle persone per bene, finalmente riconosciute tali, ha il coraggio di esprimere una FALSA solidarietà ed attestati di stima. Dovrebbe guardarsi allo specchio e s….si in faccia, piuttosto che scrivere note di stima presentandosi anche negli schermi della solita emittente con la solita faccia di bronzo. A lui va tutto il nostro più deplorevole schifo.