“Piero Fierro, agente pluridecorato della polizia di frontiera, e Gaetano Pascale, eccellente investigatore della Narcotici alla Mobile, insieme ad altri cinque colleghi erano a un passo dalla verità – scriveva la giornalista Federica Angeli in un articolo pubblicato su Repubblica il 2 agosto 2013, dal titolo “Il business e le coperture dei clan quell’indagine bloccata 10 anni fa”.
Una storia a tinte fosche quella narrata dalla Angeli, che vede, loro malgrado, i due poliziotti al centro di controverse vicende che avrebbero meritato l’attenzione della magistratura.
Secondo la giornalista infatti, i due, insieme ad altri colleghi, erano vicini a sgominare la mafia di Ostia dieci anni prima che l’inchiesta “Alba Nuova” condotta dal procuratore Pignatone, consentisse di assicurare alla giustizia numerosi criminali appartenenti ad un’organizzazione mafiosa che si era impossessata della città di Roma e del suo circondario.
In effetti, già nel 2003, i nomi di molti degli indagati e imputati in “Alba Nuova” e successivamente in “Mafia Capitale”, comparivano nelle carte delle indagini svolte da Fierro, Pascale e gli altri colleghi.
Il potente clan siciliano dei Cuntrera- Caruana, Triassi, Caldarella, Fasciani e altri, erano parte integrante dell’informativa di 100 pagine presentata dagli inquirenti.
A mandare tutto a monte, secondo quanto riportato dalla giornalista, un esposto anonimo con il quale si accusavano i sette investigatori di aver sottratto alla polizia soldi per trasferte e straordinari notturni.
“Risultato – scriveva la Angeli – seduta stante i sette investigatori vennero sollevati dall’indagine.
Nessuno mai indagò su chi aveva mandato quella lettera. Mai. Le indagini erano concentrate sull’operato della squadra. Indagini che nel 2007 si conclusero con un nulla di fatto: nessuno di loro aveva mai toccato una lira. Ma nel frattempo il Viminale, per stare sicuro, li ha messi alla porta. E per dieci anni nessuno ha toccato Ostia e i suoi traffici mafiosi”.
Gli ingredienti di una brutta storia ci sono tutti. Un team di poliziotti che sanno fare il loro mestiere, affari di mafia, omicidi, un’informativa prodotta agli inizi del 2003 e privata di numerose pagine con indicati gli investimenti dei clan sul litorale romano ed in Sud America, i canali di transito della droga, le strutture e le società deputate al lavaggio del denaro sporco, per arrivare, come loro – e all’epoca la Angeli – sostengono, all’esautorazione dal pool inquirente.
I dodici anni di silenzi finiscono sulla stampa. Ne scrive “Il Fatto Quotidiano” che pubblica un’intervista a Piero Fierro. Ne scrive lo stesso giornale quando nel narrare la storia di un altro “sbirro antimafia”, ricordandone prima l’isolamento, poi la sanzione disciplinare e infine il trasferimento in un altro ufficio, ritorna all‘indagine insabbiata che ha visto per protagonisti Fierro e Pascale.
Lo stesso Gaetano Pascale rilascia un’altra intervista, ripercorrendo le tappe di un’inchiesta che avrebbe decapitato la mafia a Roma ad oltre dieci anni prima degli attuali arresti, ovvero a quel 2003 quando – secondo il sito “Notte Criminale” – ad Ostia la mafia divenne “sociale”, pubblicando nell’articolo una foto di Veltroni e il boss Triassi.
Ancora una volta i giochi cambiano. Fierro e Pascale puntano il dito troppo in alto. Vanno oltre la mafia intesa come criminalità organizzata, vista come uomini tutti coppole e lupara. Pensano a quella mafia degli affari, dei colletti bianchi, della politica e delle coperture.
Come loro la pensano alcune associazioni, come nel caso de “I cittadini contro le mafie e la corruzione” che hanno l’ardire di lanciare una petizione affinchè si avvii lo scioglimento per sospette infiltrazioni mafiose nel Comune di Roma.
La stessa Federica Angeli, la giornalista che dipingeva i due ex poliziotti come due supereroi che erano stati stoppati nelle loro indagini e che avevano subito mobbing insieme agli altri loro colleghi, si trasforma nella loro principale accusatrice.
Cosa aveva scritto allora? Può essere che una giornalista di un quotidiano come Repubblica abbia scritto solo un mucchio di panzane o c’è dell’altro?
Per non parlare della relazione presentata dal senatore Stefano Esposito, membro della VII Commissione Antimafia, inviata alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, il quale nell’attaccare “I Cittadini Contro le Mafie e la corruzione”, stigmatizzando come “sospetto” anche l’impegno antimafia di Fierro e Pascale, critica anche l’associazione LabUr , la stessa che ha presentato l’esposto sulle vicende che hanno portato all’arresto di Mauro Balini, presidente del porto Turistico di Roma, di Massimo Amicucci, Edoardo Sodano e Sergio Capograssi.
Un’associazione il cui nome compare nel corso di intercettazioni tra indagati, molto infastiditi dall’attività dell’associazione stessa. Eppure, il senatore Esposito non esita a chiedere indagini nei confronti delle associazioni che hanno presentato gli esposti e nei riguardi di quella stampa che delle stesse associazioni pubblica le notizie.
Conoscere queste storie è un’esperienza che lascia il segno. Chi sono questi poliziotti? Cosa sta succedendo? Che la realtà superi ogni immaginazione?
Una risposta la potrebbe dare lo stesso senatore Esposito, il quale, se rinunciasse all’immunità parlamentare, potrebbe spiegare in un’aula di tribunale (visto che nei suoi riguardi è stata anche presentata querela) chi sono questi due poliziotti e perché nelle accuse a loro mosse sono riportati gli stessi fatti per i quali– scriveva la Angeli – seduta stante sette investigatori vennero sollevati dall’indagine; nessuno mai indagò su chi aveva mandato quella lettera anonima che portò alle indagini contro i poliziotti che indagavano contro il malaffare e la mafia a Roma. Indagini che – scriveva sempre la Angeli – “nel 2007 si conclusero con un nulla di fatto: nessuno di loro aveva mai toccato una lira. Ma nel frattempo il Viminale, per stare sicuro, li ha messi alla porta. E per dieci anni nessuno ha toccato Ostia e i suoi traffici mafiosi”.
Chi ha paura di Fierro, di Pascale e delle associazioni che denunciano la mafia a Roma?
Gian J. Morici