Chiariamo un punto: Renzi non è un cretino. Sicuramente non mi è piaciuto come ha governato, come ha occupato il partito e come l’ha gestito, non mi piace come persona e non mi entusiasma la sua politica, e quindi non l’ho votato. Ma non è un fesso, è uno che praticamente dal niente ha scalato partito e Governo del Paese, e che comunque ancora oggi condiziona le decisioni politiche. Per cui non è il caso di prendere in burletta la sua strategia, che è sicuramente di piccolo cabotaggio, ma potrebbe funzionare e anzi già ha funzionato: mandare il M5S a schiantarsi per poi raccoglierne i cocci. Intendiamoci: io credo che in un paese democratico sia necessario rispettare il voto, e sopratutto anche dall’opposizione permettere che la macchina funzioni, senza bucare le gomme e poi fregarsi le mani quando sbanda, perché su quella macchina ci siamo tutti e se va a sbattere c’è poco da ridere. Però questa strategia, per quanto perversa, ha un senso.
E non è un’opinione. Come ho già accennato qualche giorno fa (l’autocitazione è sempre caratteristica dei grandi opinionisti), non basta dire “il M5S è il primo partito in Italia” (vero) o “ha vinto il M5S” (falso); bisogna anche capire DA DOVE vengono i voti e come sono cambiate le dinamiche dei votanti. Se pensate che sia un esercizio futile, sappiate che è la base delle analisi di tutti i partiti, anche del vostro sì. Per esempio il M5S ha stracciato tutti al sud. E a Roma, ha vinto ad Ostia. E a Torino quel poco che ha raccattato, lo ha raccattato nelle periferie. Dice: giusto, il movimento raccoglie le insoddisfazioni di chi se la passa peggio ed è stato dimenticato. Vero, verissimo. Ma c’è un ma, anzi parecchi ma. Primo. Quelli dimenticati, a meno che non facciano la rivoluzione (sempre possibile ma spero di no) continueranno ad essere dimenticati a meno che le loro istanze non vengano accolte da chi invece detiene il potere economico, politico e sociale. Ergo, è inutile aver preso tutta la Sicilia se poi in Lombardia non conti una mazza. Secondo. Dice: i poteri forti hanno votato contro. Eh no ragazzi, non ci siamo (cit.) I poteri forti in Italia sono meno chiari di come uno li vuole far apparire. Certo, le banche, la confindustria, le imprese del Nord, come no. Però anche la mafia è un bel potere forte, anche le associazioni a delinquere, anche l’evasione fiscale è un bel potere forte. E non facciamo finta di non sapere che in Sicilia, ad esempio, si sono spostati voti in massa e certo non per protesta o per ideologia.
Ho già citato il 1987 con il PSI, che si stupì dei risultati, per poi capire che dietro c’era un tentativo di condizionale la politica. Oppure il cappotto di Berlusconi. Ora il M5S. Se pensate che in Sicilia il voto non sia condizionato siete degli inguaribili romantici e così in quasi tutto il mezzogiorno. Anche Ostia rientra in questa casistica: un quartiere in difficoltà con forti infiltrazioni della malavita organizzata. Votano M5S sperando di uscire dal dimenticatoio? Può darsi. Ma starei molto attento a stappare lo champagne. Terzo. E qui veniamo al renzismo. Il M5S ha straperso nelle elezioni regionali del Lazio (la Lombardi è arrivata terza), è arretrato a Torino, in Lombardia non pervenuto, e a Roma in due anni i voti si sono pressoché dimezzati. Ora, aspetto il primo che dica “Eh, ma sono elezioni diverse” per applaudire con convinzione. Perché la verità, e nel silenzio della nostra cameretta la sappiamo tutti, è che il M5S non sa governare. Non sa neanche da dove si inizia. Non sono onesti più degli altri, non sono più laureati degli altri (panzana di Di Maio), non sono più efficienti degli altri. Sono solo più incapaci. Roma, e in parte anche Torino, è il disastro del movimento, ed è costantemente sotto gli occhi di tutti, dei romani, dei turisti, della stampa internazionale. Il 50% dei romani un anno dopo non avrebbe più votato la Raggi, che ora si accinge a cacciare l’ennesimo assessore. Nei collegi uninominali a Roma, dove si parlava di “plebiscito”, solo due sono andati al M5S, con un calo generale. Insomma, dove il M5S ha avuto l’opportunità di entrare nella stanza dei bottoni, ha fallito: da Roma, a Parma, a Ragusa, a Torino.
Ecco l’idea di Renzi: facciamoli giocare. Diamogli il Governo del Paese. Facciamogli combinare qualche disastro, così i nostri concittadini si renderanno conto che siamo in presenza di un gruppo di incapaci teleguidati da due vecchie volpi. “Il leader politico è Di Maio, decide lui”, dice il vecchio comico genovese, consapevole di aver sparato la battuta più esilarante della sua lunga e felice carriera. Però siamo seri. L’Italia è una Repubblica Parlamentare, e il Presidente ha il dovere di verificare se esista una maggioranza significativa in Parlamento. Chi ha preso più voti ha il diritto di provarci, a formare un Governo, ma chi è all’opposizione, soprattutto in questa situazione, deve valutare tutte le opzioni. Mandare a sbattere la macchina, se la guida Di Maio, è una bella tentazione. Se però io sto seduto al posto della suocera, forse è il caso di aiutarlo ad andare dritto.
Rodocarda