Iniziative politiche con una mossa inaspettata ma che in democrazia deve essere rispettata, porteranno probabilmente ad una conclusione anticipata di qualche settimana dell’attuale legislatura.
Un termine mandato annunciato dallo stesso Presidente Monti che, per quanto da capire, non è disposto ad accettare la prassi di una possibile sfiducia in Parlamento ed ha dichiarato l’intenzione di dimettersi non appena approvata le legge di stabilità.
Una decisione forse prevedibile in quanto non credo che nessuno abbia mai avuto il dubbio che un Accademico di chiara fama come Lui potesse accettare di tramandarsi alla storia come un ex Presidente del Consiglio sfiduciato in Parlamento.
I mercati economici hanno preso male la notizia come era assolutamente immaginabile nel momento che ormai è certo che la finanza mondiale è nelle mani di potenti di gruppi internazionali come la Bieldberg e la Trilaterale ed in cui la Germania può attuare immediate e consistenti manovre speculative avendo acquisito nel tempo una gran parte dei debiti sovrani dei Paesi europei in difficoltà economiche. Una realtà pericolosa perché destinata a condizionare pesantemente il futuro delle democrazie e la sovranità degli Stati.
A questi problemi si aggiunge quello della sorte di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone che preoccupa le centinaia di migliaia di cittadini impegnati in questi dieci mesi per tenere alta l’attenzione sul destino dei due militari italiani che arbitrariamente sono stati arrestati e sono tenuti prigionieri da uno Stato estero.
La preoccupazione di chi teme che i tempi di rilascio si allunghino all’inverosimile a causa delle dimissioni del Governo che fino ad ora ha gestito il problema specifico con i risultati a tutti noti. Un Esecutivo che raramente ha esplicitato nel dettaglio quanto stesse accadendo in India; che ha ammesso, solo dopo una precisa interrogazione parlamentare, un coinvolgimento istituzionale nelle decisioni prese dall’Armatore sul rientro della Enrika Lexie in acque territoriali indiane; che non ha mai chiarito perché due cittadini italiani siano stati consegnati ad un Paese che li imputa di un reato per il quale è prevista la pena di morte. Di fatto, un’estradizione in contrasto con i dettati della nostra Costituzione che ne vieta l’esecuzione in caso di rischio di pena capitale e con il Diritto Internazionale in particolare per quanto attiene alla tutela dei “militari in transito”.
Il timore di italiani che hanno preso atto che fino ad ora sono state espresse solo parole di circostanza da coloro che per mandato istituzionale avrebbero dovuto invece dimostrare fermezza di intenti coinvolgendo con atti ufficiali tutta la comunità internazionale, a partire dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea. Frasi di vicinanza dette, peraltro, solo in occasione di ricorrenze storiche, quando forse sarebbe stato “politicamente grave” non pronunciarle.
Il Governo dichiara di volersi dimettersi e nemmeno in questo caso ci dice quali siano le iniziative poste in essere fino ad ora dall’Italia per garantire ai due marò la certezza di rientrare al più presto e liberi in Patria. Parole che almeno per un momento travalichino le conseguenze meramente finanziarie che le fine operativa dell’Esecutivo in carica potrebbero comportare, ma ricordino anche altre problematiche che rimarrebbero in sospeso ed attinenti alla sicurezza di nostri cittadini minacciata dalla protervia di un altro Stato. Una dimostrazione di rispetto per i valori etici e tradizionali che contraddistinguono il nostro popolo. Un messaggio di incoraggiamento per coloro che in uniforme garantiscono la sicurezza sul territorio nazionale e che all’estero sono impegnati per favorire la pace e la stabilità internazionale. Un segnale per le loro famiglie, che induca in loro una rinnovata fiducia per le Istituzioni e la certezza che lo Stato è in grado di garantire il massimo impegno qualora si verificassero altri casi come quello dei due Fucilieri di Marina prigionieri in India.
Forse una larga maggioranza di italiani avrebbe apprezzato maggiormente dimissioni indotte dalla consapevolezza che in dieci mesi non si è riusciti a riportare a casa i nostri militari, piuttosto che la rimessa dell’incarico in quanto “venti di fronda” consigliano di sfuggire alla possibile “offesa della sfiducia”.
Invece, lo scenario che si sta configurando permette a chi ha gestito fino ad ora il problema specifico di poter dire “io ce l’ho messa tutta, ero ad un passo dal successo ma mi hanno imposto di lasciare”. Una giustificazione quanto mai probabile, ma che fin da ora confutabile in quanto ciò che sta avvenendo sul piano politico anticipa solo di qualche settimana quello che sarebbe accaduto per scadenza naturale della legislatura. Solo giorni a fronte dei dieci mesi trascorsi dal quel fatidico 15 febbraio 2012
Il nuovo Esecutivo non potrà essere operativo prima del mese di marzo 2013 con la conseguenza che i nostri ragazzi potrebbero anche rischiare una condanna penale se l’Alta Corte indiana confermasse la competenza di giudicare del Kerala.
Un nuovo Governo che prescindendo dalla propria connotazione politica, sarà peraltro costretto a raccogliere quanto già seminato, forse con scarso concime ed ormai inaridito da una non adeguata irrigazione nel tempo.