Lo dichiara al microfono di Rita Pedditzi nel corso dell’odierna puntata di “Inviato Speciale”, il programma di Rai Radio 1.
“Un Paese che rimane con queste ferite così aperte per tanto tempo, è un Paese che fondamentalmente vive nella menzogna – perché di questo si è trattato -, è un Paese che non ha molte possibilità di futuro”.
Fiammetta è la figlia minore di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso a Palermo nella strage di via D’Amelio insieme a cinque uomini della sua scorta, il 19 luglio 1992, 57 giorni dopo Giovanni Falcone. Due stragi consumate da ‘Cosa Nostra’, con il massimo impiego di tecniche terroristiche.
Alle voci di Fiammetta Borsellino e Rita Pedditzi, fanno eco quelle degli operatori di polizia che quel giorno di 29 anni fa comunicavano con la centrale operativa dal luogo della strage. “Sono tutti morti, compreso il magistrato!”
“Fiammetta da anni si batte per la ricerca della verità – prosegue la giornalista di Rai Radio 1 – Anni e anni di indagini sbagliate, anni di indagini fatte male, che hanno precluso quasi per sempre la possibilità di arrivare a una verità, e questo lo dice la sentenza, una sentenza clamorosa, significativa, che è quella del ‘Borsellino Quater’, la quale definisce quello di via D’Amelio il più grave errore giudiziario, il più grave depistaggio della storia giudiziaria di questo Paese.
Al palazzo di giustizia di Caltanissetta, dal 1994, si sono tenuti quattro processi, ma solo il ‘Ter’ e il ‘Quater’ hanno contribuito all’accertamento della verità. I cosiddetti ‘Borsellino uno’ e ‘Bis’, sono basati sulle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino, smentito solo nel 2008 da un altro pentito, Gaspare Spatuzza.
Il ‘Borsellino Quater’ è invece ancora in corso ed ha dovuto demolire i primi due processi”.
“In questo palazzo – dichiara il giornalista Roberto Greco – si è giocata la verità non vera della strage di via D’Amelio, e soprattutto in questo palazzo, e questa è la cosa veramente importante, si sono rimessi in discussione anni di indagini. L’elemento cardine è la collaborazione di Spatuzza, che ha aperto un fronte di informazioni tutte riscontrate, che hanno permesso di identificare in Scarantino un pentito costruito a tavolino”.
“Gran parte delle lacune che impediscono di trovare la verità sulla strage di via D’Amelio – continua Rita Pedditzi – girano intorno la controversa figura di Vincenzo Scarantino, che si autoaccusa di aver rubato la Fiat 126 usata come bomba nell’attentato di via D’Amelio e che con le sue false dichiarazioni fece condannare degli innocenti”.
A ricordare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuffrè Antonino, è il procuratore generale di Caltanissetta Lia Sava, che evidenzia come il collaboratore ha fatto riferimento alle causali delle stragi.
“Cosa dice Giuffrè di fondamentale? Dice, guardate che per realizzare le stragi, ‘Cosa nostra’ fece prima dei sondaggi, cioè ‘Cosa Nostra’ non ha mandanti, ‘Cosa Nostra’ è autonoma e indipendente, però fece dei sondaggi per vedere che tipo di appoggi aveva per realizzare le stragi, e questi sondaggi – dice Giuffrè – li fa nell’ambiente imprenditoriale, quindi in collegamento con il discorso mafia-appalti, lo fa nel mondo della massoneria, lo fa nel mondo dei servizi segreti deviati, lo fa nel pantano di certi ambienti, quindi imprenditoria collusa, massoneria deviata, servizi segreti deviati, anche mafie straniere, ‘Cosa Nostra’ americana.
È in questo pantano che si deve continuare a indagare, per capire quali sono stati i concorrenti esterni che in questo pantano hanno sguazzato e hanno rafforzato il proposito di ‘Cosa Nostra’ di ammazzare Falcone e Borsellino. Quindi, secondo la nostra impostazione non bisogna parlare di mandanti esterni, ‘Cosa Nostra’ non ne ha mandanti, semmai ‘concorrenti esterni’, cioè quelle persone che hanno rafforzato, in maniera anche subdola, in maniera opaca, il proposito delle stragi, e questo Giuffrè lo dice con assoluta chiarezza. Quando fanno questi sondaggi, ad un certo punto capiscono che il vento era favorevole, che c’erano più ambienti favorevoli all’eliminazione di questi due straordinari eroi lasciati soli, molto spesso anche all’interno degli ambienti che avrebbero dovuto stargli più vicino”.
Il maxi processo ha segnato la vita di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È nel dicembre 1991, durante la riunione della commissione provinciale, convocata per gli auguri di Natale, che ‘Cosa Nostra’ dichiara guerra allo Stato, con l’avvio della stagione stragista.
“E’ stato ucciso per tantissimi motivi – dice Fiammetta Borsellino al microfono di Rita Pedditzi – Ricordiamoci che nel ’92 stavano diventando definitive le sentenze del maxi processo, c’era tangentopoli… Nel ’91 era stato messo in piedi, proprio dai Ros, il dossier mafia-appalti che stava dando luogo a sviluppi importantissimi per quanto riguarda il sistema illecito degli appalti politico-mafiosi. Io ritengo che è stato proprio il dossier mafia-appalti l’elemento acceleratore, perché lo dice già la sentenza del ‘Borsellino ter’, e poi lo conferma la sentenza del ‘Borsellino quater’. Mi chiedo come mai nella recente sentenza sulla ‘Trattativa’ addirittura viene negato l’interessamento di mio padre a questo dossier, addirittura viene messo in discussione che lui lo conoscesse. Questo non è vero. Mio padre era così interessato al dossier che il 14 luglio indice una riunione in procura per chiedere conto e ragione sul fatto che il dossier non avesse avuto quel respiro che meritava. In quella stessa riunione mio padre dichiara che sta sentendo un nuovo collaboratore , si trattava di Leonardo Messina, una collaborazione che avrebbe potuto portare a nuovi sviluppi. C’è un fatto molto strano che questo dossier porta una data di richiesta di archiviazione del 13 luglio, cioè del giorno prima, e il 14 luglio, di questa volontà di archiviare, non viene fatto alcun cenno. Nel tempo di pochissime settimane, la richiesta di archiviazione viene accolta. Io mi chiedo il perché di questa fretta. Io mi chiedo il perché, soprattutto, di questa reticenza”.
Domande che esigono una risposta, quelle di Fiammetta Borsellino, che ogni qualvolta ha provato ad accennarne nel corso di altri programmi, ha dovuto subire i tentativi di essere zittita.
“La sentenza del ‘Borsellino quater’ ha stabilito che ad accelerare l’uccisione di Borsellino furono diversi motivi, il probabile esito sfavorevole del maxi processo e le indagini che il magistrato era intenzionato a portare avanti, in particolare quelle basate sul dossier mafia-appalti, redatto dal Ros su richiesta di Giovanni Falcone” – prosegue Rita Pedditzi, che intervista Sergio Lari, ex procuratore generale di Caltanissetta, che ricorda come i giudici delle sentenze, sia di primo grado che d’appello, ritengono che una delle ragioni che portò all’accelerazione dell’uccisione di Borsellino sia stato il suo interesse nei confronti del dossier mafia-appalti, indicando inoltre che tra le cause certe di questa accelerazione, il fatto che Paolo Borsellino era stato indicato come il nuovo procuratore nazionale antimafia, e che la ‘Trattativa’, se non fosse andata secondo i desiderata, poteva essere stata una delle possibili cause.
Caltanissetta è la sede giudiziaria che sta cercando di scoprire le vere responsabilità dell’attentato, dopo avere provato il colossale depistaggio che finora ha negato al Paese di conoscere la verità.
“La ricerca della verità non si ferma – dichiara Lia Sava – riusciremo ad essere una democrazia compiuta. La verità ci sarà, io ne sono certa!”
E forse un primo passo avanti, oltre che a livello giudiziario, lo si è fatto anche in ambito giornalistico con il programma ‘Inviato Speciale’, una delle poche occasioni nelle quali si è avuto il coraggio di parlare del dossier mafia-appalti…