ASTRATTO
Il primo gradino oltre le psicodinamiche del profondo è … l’astratto.
Pensare l’astratto significa anche vivere un infinito non finito perché il finito è un limite.
Vivere l’astratto significa non definire le relazioni e quindi avvicinarsi a sentire la schizofrenia (malattia nella quale patologicamente non si definisce).
Per chiarire il concetto formuliamo il seguente esempio:
una persona chiede all’altra che ora è? Rispondendo razionalmente sono le 12,30, avremmo limitato le possibilità dell’altro facendogli del male e lo avremmo fatto anche a noi stessi uscendo dall’astratto. Per rispondere alla domanda occorrerebbe una frase che spieghi “siamo nel tempo in un continuo divenire”.
E’ chiaro che questa strada ci allontana sempre di più dal comportamentismo razionale ma ci avvicina le possibilità di creare.
Riuscire a vivere nell’astratto ci taglia tutte le catene definite e razionali e ci mette in quella condizioni limbica ove è possibile creare.
La fisica ci aveva insegnato “che nulla si crea e nulla si distrugge” (forse legato alla sola materia). Dal momento che la fisica si è spinta nei sentieri della psiche e dello spirito, quel nulla acquista un valore immateriale.
Vivere nell’astratto ci consentirà di convertire la materia in spirito e lo spirito generato in materia.
Oggi possiamo creare nel senso più completo del suo significato, ossia dall’astratto informe creare delle idee nuove che però erano già esistenti.
Tutto quello creabile, già esiste. E la nostra ignoranza che ci impedisce di vederlo, in quanto indossiamo degli occhiali razionali.
Io credo ottimisticamente, che il più avanzato di noi sia ancora per il 70% razionale.
Da oggi, entrando nell’astratto, dobbiamo imparare, a demolire la materia del razionale che è in noi, operando quanto più possibile nell’astratto e … creando.
Il Professore
Francesco Pesce