Dagli organi di informazioni locali – dichiara Miccichè – ho appreso che il giudice monocratico di Agrigento ha condannato a quattro mesi di reclusione, pena sospesa, i proprietari del palazzo Lo Jacono, crollato lo scorso 25 aprile, per non avere ottemperato all’ordinanza del sindaco di Agrigento con la quale si intimava di mettere in sicurezza le parti pericolanti del palazzo .
Fermo restando che bisogna avere fiducia della giustizia, dato che ancora è possibile dimostrare in appello che i proprietari sono le vere vittime di questo crollo.
Da tanti anni – continua Miccichè – ho cercato di dimostrare con prove alla mano che la responsabilità di questo crollo è solo del comune (anche se pochi hanno rilevato quanto dirò in avanti perchè è la falsità e i monologhi dei responsabili – a questi si sono aggiunti gli immancabili vassalli del
potere ai quali oggi gli agrigentini stanno rispondendo con il voto referendario, più di questo al momento non posso dire visto che le urne sono ancora aperte).
Ritornando alla questione della condanna dei proprietari del palazzo Lo Iacono, sono convinto che il procuratore prima e il giudice monocratico dopo, si sono fatti solo convincere da un solo pezzo di carta che è l’ordinanza sindacale con la quale i sindaco aveva unilateralmente inviato ai poveri ed incolpevoli proprietari di mettere in sicurezza il suddetto palazzo barocco.
Grazie, bella forza ! Ma perchè il comune oltre a presentarsi con la sola ordinanza non portava tutte quelle montagne di carte dove si evince con evidenza che il palazzo era stato già dal lontano 1986 preso in possesso dallo stesso comune per ottemperare a quella disposizioni in osservanza dei provvedimenti fatti dal commissario regionale ad acta prima dal consiglio comunale per espropriarlo e restauralo sulla base del finanziamento pubblico che poi gli stessi amministratori hanno fatto perdere?
Tranne ovviamente i fondi per pagare il progettista che aveva redatto il progetto di consolidamento e restauro?
La prova di quello che sto per dire – conclude Miccichè – non è frutto di posizioni preconcette contro qualcuno in particolare, ma per senso di verità e giustizia che non è stata fatta. Tutto quello che dico è
provato da documenti alla mano come si rileva nella mia lettera che nel non lontano 21
febbraio 2008 da libero cittadino e da politico feci al sindaco ed ad altri organi preposti, lettera aperta che invito ancora una volta a leggere:
Lettera aperta al Sindaco di Agrigento
al Prefetto di Agrigento
al Soprintendente ai BB.CC.AA. di Agrigento
al Dirigente Capo del Genio Civile di Agrigento
al Dirigente Regionale alla Protezione Civile Ag.
al Comando dei Vigili del Fuoco di Agrigento
al Comando della Polizia Municipale di Agrigento
E’ necessario salvare la vita delle persone e tutelare urgentemente il palazzo barocco Lojacono che sta per crollare, mettendo a rischio l’incolumità pubblica a causa di colpevoli e storici ritardi del Comune.
Ogni giorno di ritardo è un crimine contro la storia di Agrigento.
Egregi signori,
è noto che nel centro storico di Agrigento vi sono molti edifici abbandonanti e pericolanti che suscitano spesso molta rabbia ed impotenza a causa dell’insensibilità dei pubblici poteri, ed anche innumerevoli disagi per le persone e per gli sgomberi di case per decine di famiglie che abitano tali edifici pericolanti o che confinano con essi.
Il caso che voglio sollevare con la presente lettera aperta riguarda lo splendido edificio barocco estremamente degradato e pericolante detto palazzo Lojacono.
In questi giorni, accompagnando degli alunni per una visita guidata nel centro storico, ho notato che lo stupendo palazzo settecentesco di stile barocco, costruito dalla famiglia Borsellino, oggi detto Lojacono, ubicato ad angolo tra la via Santa Maria dei Greci, via San Vincenzo e Salita Itria, rischia di crollare da un momento all’altro, mettendo a repentaglio la vita delle persone che transitano nelle suddette vie e in particolare gli abitanti delle case vicine allo storico e pericolante edificio.
Sia chiaro che non ho a cuore le sorti di questo edificio solo perché rappresenta un pezzo di storia dell’architettura barocca della nostra città (un gioiello architettonico la cui perdita rappresenterebbe un crimine per l’arte e per la storia di Agrigento) mi preoccupano anche e soprattutto i pericoli e i rischi per l’incolumità pubblica, ogni giorno di ritardo nell’intervento di salvaguardia del monumento, e la sua esposizione all’acqua e al vento senza alcuna protezione, non farà altro che accelerarne inesorabilmente il degrado e il rischio reale di un imminente crollo, con conseguenze disastrose per le persone e per lo storico palazzo.
Il signor Sindaco, a cui è indirizzata questa lettera, sicuramente risponderà che con ordinanza n. 191 del 3 agosto 2007 ha provveduto ad intimare ai proprietari la demolizione delle parti pericolanti dello storico edificio a salvaguardia della pubblica incolumità; ma una tale ordinanza, che riprende la precedente n. 71 del 02/04/07, mette solo in sicurezza l’Ufficio Comunale sotto il profilo della responsabilità amministrativa e penale (come a dire: io ho fatto il mio dovere d’ufficio ed ora vedetevela voi!), ma non elimina affatto le responsabilità pregresse che si sono accumulate nel corso dei decenni. L’abbandono e l’incuria hanno una origine e una responsabilità ben precisi, da addebitare soprattutto al Comune che è il principale fautore del disastroso stato attuale dell’edificio per le ragioni di seguito esposte. Mi permetto di avanzare questa grave accusa per gli elementi in possesso che consentono una denuncia circostanziata.
Per amore di conoscenza storica della propria città, per senso di giustizia e di verità, ma grazie anche all’esercizio della funzione di consigliere Comunale di opposizione dal 1985 al 2001, posso affermare di conoscere nei dettagli la storia del degrado e dell’abbandono di questo antico edificio, degrado che inizia negli anni ‘50 ma che per ragioni di brevità mi soffermo ad analizzare dal 1986 in poi, anno in cui il commissario straordinario al comune di Agrigento, dott. Onofrio Zaccone, con delibera n. 1731 del 29/10/86, in virtù delle leggi regionali n. 70/76 e n. 34/85, ripartisce i fondi per il risanamento del centro storico di Agrigento assegnando i primi 200 milioni di lire (mentre nel 1990, con successiva ripartizione finanziaria, si sono aggiunti altri 300 milioni di lire, per l’importo complessivo di 500 milioni di lire, all’epoca una ragguardevole cifra con la quale si poteva fare molto).
Sempre il commissario Zaccone, con delibera n. 1738 del 27/11/86, incarica l’architetto Graziano Prestigiacomo a redigere il progetto per il restauro e il consolidamento dell’edificio barocco e il relativo piano di esproprio. Il Consiglio comunale in data 26/2/1990, con delibera n. 274, approva il progetto dell’architetto Prestigiacomo e la scelta del sistema del bando di gara per i lavori di restauro e consolidamento del Palazzo Lojacono. A quel punto gli uffici competenti attivano la procedura di esproprio del palazzo a danno dei proprietari ed inizia il tam tam mediatico con innumerevoli servizi giornalistici che riprendono le variegate dichiarazioni degli amministratori dell’epoca che, sulla scorta delle reali procedure amministrative in itinere, annunciavano l’immediato inizio dei lavori per il recupero e il restauro dell’edificio monumentale. Ed i proprietari? i proprietari del palazzo che già non potevano fare alcun tipo di intervento al di fuori della manutenzione conservativa, tenuto conto che l’edificio in questione negli anni ’50 era stato censito come monumento di interesse nazionale dal Soprintendente ai monumenti della Sicilia Occidentale e in seguito monumento è stato anche dichiarato dalla Commissione di esperti per il censimento degli edifici monumentali del centro storico, rassegnati all’esproprio abbandonano gradualmente le proprie abitazioni.
Si arriva così alla fine degli anni ‘80 e inizio degli anni 90 con una vetustà evidente ma non pericolante come lo è adesso.
Era sembrato che l’intervento pubblico potesse tutelare al meglio i valori architettonici del palazzo nobiliare, e in generale degli edifici di valore, ed invece è stata solo una pia illusione; infatti, nonostante i fondi della legge 70/76, la delibera di incarico per la progettazione, la delibera di approvazione del progetto e l’individuazione del sistema di gara di appalto, nessun intervento di recupero è andato in porto, anzi non ne è iniziato alcuno.
Sono trascorsi 22 anni dal primo finanziamento e 18 anni dalla delibera n. 274 che sanciva il piano di esproprio e l’inizio dei lavori, nello spazio di questi lunghi anni il Comune che cosa ha fatto ? Perché, mentre da un lato l’ufficio espropri ha da subito attivato la procedura dell’occupazione temporanea d’urgenza, dall’altro, per ragioni inspiegabili, l’amministrazione comunale ha rallentato l’iter della gara d’appalto fino ad arrivare a perdere il finanziamento regionale? Anche se questo non ha significato l’annullamento della validità del progetto di recupero del palazzo, tant’è che il comune, alla fine degli anni ‘90, liquida la parcella all’architetto Prestigiacomo, prelevando la somma di circa 30 milioni di lire dai residui dei fondi della legge per il recupero del centro storico.
Oltre a tutto questo, si è aggiunta di recente l’apposizione del vincolo monumentale del suddetto edificio proposto dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Agrigento ai sensi del decreto legislativo n.490/99, decreto emanato dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali, Ambientali e Pubblica istruzione n. 8392 del 18 novembre 2003, un vincolo che sostanzialmente rinnova quello del T.U. del 1939, che impone ai proprietari e a chiunque ne abbia il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo, il divieto assoluto di demolire o restaurare l’immobile senza ottenere la preventiva autorizzazione della Soprintendenza di Agrigento.
Oggi lo storico immobile si trova in un totale stato di degrado ed imminente pericolo di crollo, ovviamente per evitare danni alle persone e alle cose, necessitano grandi mezzi e strumenti tecnici di pronto intervento che sicuramente non possono essere assicurati dagli attuali proprietari, inoltre alcuni proprietari hanno riferito di non avere le possibilità economiche nemmeno per interventi di manutenzione ordinaria. Solo la mano pubblica ha la possibilità di intervenire urgentemente e nei migliori dei modi per ottenere una vera tutela del bene.
Nella sostanza si può affermare che con le ordinanze sindacali sopra citate il comune ha in concreto destinato il palazzo Lojacono all’abbandono e alla distruzione. Soltanto un Ente Pubblico può affrontare le ingenti spese di tutela intervenendo urgentemente per eliminare il pericolo ed iniziare il recupero dell’edificio storico, non dimenticando che lo stato disastroso in cui si trova l’edificio certamente come ho spiegato prima è per colpa storica del Comune di Agrigento.
E’ assurdo ed amministrativamente inconcepibile scaricare oggi le proprie inadempienze sui proprietari che prima sono stati cacciati dalle loro case ed ora, a distanza di anni, si pretende da loro un intervento di demolizione delle parti pericolanti (a prescindere dal fatto che abbiano la possibilità economica di farlo o meno, eliminare l’imminente pericolo, visto lo stato in cui si trova oggi, vuol dire la sua demolizione totale), anche se questo si pone in contrasto con il vincolo di tutela ai sensi del decreto legislativo n.490/99.
Chiudo questa mia con un accorato appello per questa martoriata terra e come cittadino, amareggiato per lo stato di totale degrado del centro storico, chiedo alle SS.VV, ognuno per la propria competenza, che si affronti urgentissimamente la messa in sicurezza del palazzo Lo Iacono senza alcun indugio, e che ognuno si assuma le proprie responsabilità per impedire un possibile reale danno alle persone e un crimine contro la storia di Agrigento.
Agrigento 21 febbraio 2008
Lillo Miccichè
Ponzio Pilato si sarebbe fatto qualche scrupolo in più!
Provo solamente schifo verso chi ci amministra e quasi vergogna
ad essere agrigentino!