Senza alcun dubbio la notizia che ha dominato tutti i giornali e i telegiornali della settimana che si sta concludendo è stata la cosiddetta Riforma Gelmini cioè quella legge che dovrà riformare il sistema universitario italiano. Diciamo “dovrà” perché non è ancora legge,malgrado abbia già superato il passaggio più difficile e cioè la votazione alla Camera dei Deputati dove il Governo non ha la stessa maggioranza che ha al Senato.
Pur tuttavia la legge è passata alla Camera dei Deputati con 307 favorevoli, 252 voti contrari e 7 astenuti. Adesso tornerà al Senato per una terza lettura e se non sarà cambiato nulla nel provvedimento, come è facilmente prevedibile, una volta firmata dal Presidente della Repubblica verrà promulgata , pubblicata e quindi diverrà legge a tutti gli effetti.
In queste settimane, dicevamo, si è parlato molto sui mezzi di comunicazione della Riforma Gelmini, ma si è parlato molto delle critiche, delle polemiche, delle manifestazioni che ne sono derivate talvolta con scontri di piazza ma, a mio giudizio, si è parlato poco della legge in sè, del suo contenuto, delle sue riforme.
L’obiettivo che ci siamo prefissi questa settimana con Morici è appunto quello di cercare di addentrarci nel contenuto della legge, di spiegarne gli effetti e di valutarne gli aspetti in modo da comprendere, insieme ai lettori, cosa prevede questa riforma.
Si tratta di una legge di riforma che in alcune parti, come ad esempio la governance delle facoltà, riprende il progetto che era stato presentato già a suo tempo dal Ministro Luigi Berlinguer con il governo di Romano Prodi. In verità il Ministro Gelmini è il quarto ministro, dopo Berlinguer, Moratti e Mussi, che tenta di riformare gli atenei.
Onestamente ritengo, al di là degli schieramenti e delle opinioni dei partiti politici, che non sia una cattiva legge, anzi forse una delle migliori che questo governo abbia prodotto, sebbene poteva essere o potrà essere nel tempo migliorata specie per ciò che concerne l’aspetto che viene comunemente definito come baronia delle università o peggio parentopoli e sul reclutamento dei giovani. Ma nel suo complesso ritengo sia una buona legge.
Rappresenta, piaccia o no, il primo provvedimento organico di riforma del sistema universitario e si fonda sul principio che le autonomie delle università, pur rimanendo tale, deve essere sottoposto ad un potere di controllo rispondendo così delle proprie azioni e responsabilizzando l’università stessa sotto l’aspetto finanziario, scientifico e didattico.
E allora cerchiamo di comprendere insieme i punti più salienti della riforma astenendoci sempre da qualunque commento di carattere politico.
Innanzitutto il d.d.l. approvato prevede l’adozione di un codice etico che sancisca i casi di incompatibilità e conflitti di interesse legati a rapporti di parentela tra chi opera all’interno delle università, ma che disciplini anche la gestione delle risorse finanziarie, con riduzione dei finanziamenti nel caso di gestione poco trasparente delle risorse.
Il codice dovrà anche disciplinare l’aspetto della governance e il ddl a tal proposito ha previsto che i rettori potranno rimanere in carica per due mandati per un massimo di otto anni o per un mandato di sei anni.
Il ddl prevede anche una distinzione di competenze tra il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione dove è stata prevista la nuova figura del Direttore Generale.
In particolare il Senato Accademico avrà competenze in termini di proposizioni di carattere scientifico, mentre il Consiglio di Amministrazione avrà la competenza gestionale dell’Università quindi tutto ciò che concerne le assunzioni e le spese anche delle sedi distaccate. All’interno di quest’ultimo organo il Direttore Generale avrà la funzione di un vero e proprio manager dell’ateneo e, quind,i con compiti di grande responsabilità gestionale delle quali dovrà rispondere. Il C.d.A. non sarà elettivo, ma responsabilizzato e all’interno di esso è prevista anche una rappresentanza degli studenti
Una novità di rilievo che per alcuni aspetti rende incomprensibile le agitazioni degli studenti, è il ruolo che gli stessi avranno negli atenei. Infatti il ddl prevede che gli studenti potranno valutare i professori quindi il loro operato ed è anche in ragione di tale valutazione che verrà determinata l’attribuzione dei fondi da parte del Ministero.
I finanziamenti saranno erogati da parte del Ministero anche in base alla qualità della ricerca e della didattica per cui si pone fine ai finanziamenti a pioggia e si introduce l’obbligo dell’accreditamento e quindi della possibilità per il Ministero di valutare i corsi e le sedi distaccate per evitare inutili spese.
Un aspetto di particolare rilievo in una visione di trasparenza è l’introduzione della contabilità economico – patrimoniale uniforme, redatta sulla base di criteri nazionali che vanno concordati tra il Ministero e l’Università. I bilanci delle Università dovranno, sostanzialmente, essere redatti con criteri di trasparenza e rigore e nel caso di università in dissesto finanziario il ddl prevede il commissariamento degli stessi.
La riforma ha anche disciplinato il ruolo del corpo docente, il quale avrà l’obbligo di certificare la loro presenza alle lezioni e i professori a tempo pieno avranno un monte orario di 1.500 ore annue di cui almeno 350 dovranno essere destinate ad attività di docenza.
Quest’ultimo è un aspetto che poteva essere ancora migliorato prevedendo, ad esempio, un concorso nazionale al posto di un concorso locale.
E’ stata prevista la riduzione dell’età di pensionamento dei professori da 72 a 70 anni.
Ed infine, sempre con riferimento al corpo docente, il ddl ha disciplinato anche l’istituto del nucleo di valutazione d’ateneo, composto a maggioranza da membri esterni ed è sulla base della valutazione di tale organo che si produrranno gli scatti di stipendio e la possibilità di poter partecipare come commissari ai concorsi.
La disciplina ha anche riorganizzato la struttura interna degli atenei prevedendo una forte riduzione delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo e questo per evitare frammentazioni.
Per altro due o più università potranno associarsi e, quindi, sostanzialmente prevedere facoltà diverse tra loro. Questo è certamente un aspetto importante della riforma in termini di risparmio economico, poiché oggi vi sono facoltà o corsi di laurea con pochissimi iscritti (talvolta anche con un solo studente) che rappresentano un indubbio e inutile costo. La federazione tra università consente di razionalizzare la spesa e renderla maggiormente efficace e produttiva.
L’ultimo particolare ed importante aspetto della riforma che ha dato luogo alle maggiori critiche è il sistema di reclutamento dei giovani.
Con la riforma viene introdotta l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato ed è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità e i posti saranno attribuiti con procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università a cui potranno partecipare solo gli abilitati.
La riforma prevede che i ricercatori entrino in università solo con contratti a tempo determinato seguiti da contratti triennali a termine dei quale, per accedere ad un regime di contratto a tempo indeterminato, bisognerà ottenere una idoneità. Si diverrà in tal modo associati, mentre chi non otterrà l’idoneità uscirà dal circuito universitario definitivamente anche se avrà maturato titoli utili per i concorsi pubblici.
In verità il rischio è quello di creare un precariato perenne o quantomeno particolarmente prolungato specie se si tiene conto che in regime normale ci si laurea intorno ai 24-25 anni per cui per avere la sicurezza di un contratto a tempo indeterminato si dovrà aspettare, se tutto va bene, i 32-33 anni. Il tutto se durante il percorso di laurea non ti imbatti in un (umano e frequente) intoppo che ne ritarda la laurea stessa. In quel caso i tempi si allungano considerevolmente.
Ecco, ritengo che quest’ultimo sia un aspetto della riforma che possa essere migliorato, adeguato alle necessarie esigenze occupazionali magari prevedendo un solo passaggio di contratto a tempo determinato, di 4-5 anni, e poi la possibilità di accedere al contratto a tempo indeterminato.
Si snellirebbe maggiormente l’inter di accesso, ma soprattutto si darebbe più serenità e tranquillità a chi aspira alla carriera accademica.
Spero di aver potuto contribuire, nel mio piccolo e con gli spazi disponibili, ad una migliore comprensione della Riforma Gelmini nella cosciente certezza di avere evitato qualunque commento di carattere politico.
Cordialmente
Avv. Giuseppe Aiello
aielloavvgiuseppe@libero.it
cell. 3389622713
3 thoughts on “L’OPINIONE DELL’AVVOCATO – LA RIFORMA GELMINI”
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bene…nei tg si parla solo degli aspetti negativi… e si parla di sottrarre i soldi alle università pubbliche per darle a quelle private.. è vera questa cosa? perchè altrimenti non tutti possono permettersi di andare all’università…io sono una studentessa..
Complimenti il Suo articolo fa molta chiarezza e cotribuisce a farsi una opinione sulla faccenda. Purtroppo i media parlano solo della contestazione ma non spiegano la riforma nel dettaglio. Grazie.
Mi può indicare se l’abilitazione nazionale elimina il sistema dela “doppia idoneità”, vero strumento di condizionamento dei concorsi?
Intanto voglio ringraziare entrambi i lettori, Marika e Vincenzo, per i complimenti. Cerco di mettere a disposizione di tutti i lettori non una capacità particolare rispetto ad altri ma parte del mio tempo professionale che è fatto anche di manifestazioni di pareri su questioni giuridiche.
E vorrei rispondere ad entrambi i lettori iniziando dall’amica Marika.
Vede sig.na Marika, i nostri telegiornali e giornali italiani sono in gran parte tutti schierati politicamente chi con il centrodestra chi con il centrosinistra per cui esprimono una opinione che difficilmente contrasta con quella dello schieramento politico di riferimento per cui “quando non vuoi incappare in una mela marcia bisogna coglierla direttamente dall’albero” diceva il grande Sean Connery in un celebre film.
Il mio consiglio, gentile Marika, è che quando hai un dubbio sul contenuto di una legge vai a leggere direttamente quella legge e soltanto dopo che ne avrai preso cognizione potrai ascoltare i giornali ed i telegiornali. Questo ti permetterà di avere una conoscenza diretta della legge stessa e quindi una migliore razionalizzazione nel discernere le notizie.
Sull’aspetto finanziario debbo dirti onestamente che la legge, così come impostata, non riduce le risorse dell’università pubblica ma li sottopone ad un più approfondito controllo sul loro utilizzo che non è una cosa negativa. Riduce invece le facoltà ed in particolare quelle facoltà che hanno pochissimi studenti ma prevede la possibilità per le università di federarsi e quindi di istituire congiuntamente una determinata facoltà onde evitare inutili sprechi di denaro pubblico.
Per il resto dovremmo attendere i decreti attuativi della riforma e solo allora potremmo comprendere i veri effetti di tale legge.
Quest’ultimo aspetto riguarda anche la risposta per l’amico Vincenzo.
Il ddl introduce l’abilitazione nazionale come condizione di accesso all’associazione e all’ordinariato. Tale abilitazione è attribuita da una commissione nazionale e pone la distinzione tra reclutamento e progressione di carriera che sancisce sostanzialemnte la fine dei concorsi “finti” banditi solo per promuovere un interno.
Per tutto il resto dobbiamo attendere i decreti di attuazione.
Spero di esservi stato, per quanto possibile, di aiuto.
cordialmente
Avv. Giuseppe Aiello