Questa settimana Pro\Versi.it pubblica un testo di approfondimento sui tre giganti del mondo digitale, Amazon, Facebook e Google, che da tempo dominano il dibattito pubblico globale, e analizza l’eventuale necessità di effettuare un’opera di nazionalizzazione per creare un argine al loro potere. Essi operano nel campo senza avere soggetti concorrenti, dando luogo – anche se in maniera non dichiarata – a veri e propri regimi monopolistici. Tali piattaforme digitali si dividono il controllo del web: Amazon controlla l’e-commerce, Google domina il settore dei motori di ricerca e Facebook è leader nel campo dei social media. Troppo potenti per agire al servizio dell’interesse pubblico, le tre piattaforme immagazzinano i dati personali degli utenti, i quali rappresentano una delle risorse principali dell’economia del mondo contemporaneo, al centro di una lotta per il controllo, tanto da essere stati ribattezzati il “petrolio del XXI secolo”. Per molti, le sanzioni applicate in varie occasioni dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea non bastano per contrastare le posizioni dominanti di tali colossi, ma sarebbe necessaria una nazionalizzazione delle piattaforme digitali come Google, Facebook e Amazon.
Sulla necessità di limitare lo strapotere dei colossi del web si è espresso Jeremy Corbyn, leader del partito laburista nel Regno Unito, che ha proposto la creazione di una “British Digital Corporation” (BDC) che si occupi sia di condurre la politica e la tecnologia digitale, sia di servizi no-profit per competere con quelli a scopo di lucro, in alternativa a Facebook. Dello stesso parere Geert Lovink, teorico olandese dei media e tra i massimi studiosi dell’universo dei social network, che ritiene inevitabile affrontare la possibilità di una nazionalizzazione delle piattaforme digitali, inclusi i datacenter. Anche il giornalista Andrea Daniele Signorelli si è detto favorevole alla nazionalizzazione dei big data. Tim Wu, avvocato e professore alla Columbia Law School, ritiene invece che l’unica soluzione si quella di uno spacchettamento societario, per tornare a un mercato libero, basato sulla concorrenza.
Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook, è finito nell’occhio del ciclone mediatico dopo gli scandali legati alla protezione dei dati personali e della privacy degli utenti, e per le manipolazioni di fake news per scopi politici. Il fondatore del famoso social network, chiamato a testimoniare difronte al Congresso degli Stati Uniti sul caso Cambridge Analityca, si è scusato assumendosi ogni responsabilità per l’accaduto e dichiarandosi favorevole all’introduzione di determinate regola, ma ha respinto le accuse dell’anti-trust in merito al presunto monopolio di Facebook nel mondo dei social network. Nel luglio 2018 l’Antitrust europeo ha sanzionato Google con una cifra pari a 4,34 miliardi di euro per abuso di posizione dominante in merito alle strategie legate ad Android, il sistema operativo per smartphone più utilizzato al mondo. La risposta dell’azienda è stata immediata, affidata alle parole del CEO Sundar Pichai, che ha annunciato ricorso in un lungo post pubblicato sul blog ufficiale.