Resistendo anche alle sollecitazioni di alcuni Amici, non ho voluto soffermarmi troppo ad analizzare il “contratto” con il quale Leghisti e Cinquestelle hanno sovvertito, complice Mattarella, il meccanismo costituzionale della nomina del Governo e delle relative responsabilità. Perché troppo poco, direi niente, è stato detto di quanto dovuto del valore eversivo del “contratto” e di tutta la sceneggiata relativa.
E’ però indispensabile fare un rapido cenno al “contenuto” in quanto ciò è necessario per rilevare che, intanto, c’è un “terzo contraente” se non della pagliacciata del documento (che Bersani, una volta tanto acuto e brillante ha osservato che se le parti avessero voluto dargli solennità di atto notarile non avrebbero trovato un notaio farsi partecipe dell’illecito) certo dell’accordo sulla sostanza: il Partito dei Magistrati.
Io non so se tra qualche giorno (o settimana, visto la benevola elasticità di Mattarella) ci ritroveremo con qualche ministro “magistrato in libera uscita”. Probabilmente no, perché il Partito dei Magistrati ha capito che il suo peso (e che peso!!!) nella vita politica e nel Governo non è legato alla “visibilità” della propria partecipazione con qualcuno dei più grotteschi suoi esponenti, una visibilità che proprio in questo momento, non potrebbe che nuocere alle vere possibilità di successo di questo ulteriore passo all’assalto della Repubblica e delle sue libere istituzioni.
Ma nel “contratto” (il “pactum sceleris”!) c’è chiara e incontestabile la “mano” del Partito dei Magistrati, del resto ispiratore di ogni cavolata dei Cinquestelle (ed altri) negli indirizzi di politica della giustizia.
L’impronta del “pensiero” di Davigo in quelle sciagurate pagine è chiara. Il linguaggio stesso è quello prevalente tra i partitanti del P.d.M.
Non è un caso se la stampa, i politologi, i critici “riservati” hanno lanciato grida di allarme per le baggianate economiche, fiscali, di politica estera e comunitaria, ma hanno “chiuso un occhio ed anche tutti e due” sulla “pattuizione” relativa alla giustizia. Ispirata, manco a dirlo, alla distruzione di quel po’ di garanzie di cui ancora vi è traccia nei nostri codici.
Un particolare che fa spicco, più grottesco degli altri. C’è una “clausola” in sé non irragionevole (quanto meno perché contraria alla irragionevolezza della precedente riforma).
Quella della “restaurazione” dei Tribunali soppressi negli scorsi anni. Restaurazione che, cancellando una mezza baggianata non per questo è da ritenere necessaria e positiva, mentre fa spicco per un carattere particolaristico in mezzo a cose d’ordine generale e di principio. E’ la “firma” di qualche personaggio di quella clientela che i Cinquestelle hanno già cominciato a crearsi specie nel Sud. E, comunque, quel grottesco “tradizionale” che non ci può distrarre dal grottesco tragico di tutta la vicenda e nemmeno convincerci che quel programma del contratto privato abbia, magari per caso, qualcosa di concreto e di serio.
Di serio c’è solo la sua pericolosità.
Mauro Mellini