
Stamane mentre facevo il solito inventario degli acciacchi, delle pillole e dei vari tentativi di rendere meno penosa questa ultima parte della mia vita, ho ricevuto una telefonata di una persona a me ignota che, mi si è presentata come impegnata in un lavoro sul divorzio e l’arte. “Ho saputo che lei faceva il teatro per il divorzio”. Quella strana presentazione un po’ mi divertì un po’mi offese (non ve n’era ragione). Poi un lampo nella memoria mi fece ricordare di un non brevissimo e non poco faticoso impegno in cui degli amici mi trascinarono nientemeno che a scrivere una “tragifarsa in 2 tempi sul Codice Canonico”.
Risposi all’ignoto interlocutore che non ero uno che aveva mai organizzato spettacoli teatrali ma il fondatore e presidente della Lega Italiana per l’Istituzione del Divorzio e che effettivamente una volta in tale veste e per tale impegno avevo tirato fuori tutte le mie capacità letterario-teatrali e di cui si è forse perduto il frutto. Erano venuti da me un gruppo di non più giovanissimi attori, diciamo così al momento disoccupati, Marco Mariani, Germano Longo, e non so chi altro per chiedermi se disponessi di materiale che potesse esser loro utile per qualche lavoro teatrale o radiofonico in materia di divorzio della cui questione aveva cominciato ad infiammarsi il Paese. Spiegai loro che in effetti ero una delle pochissime persone, estranee all’ambiente chiesastrico e giuridico-canonico che fosse andata a mettere il naso nelle sentenze di annullamento di matrimoni secondo il Diritto della Chiesa Cattolica. Avevo reso noti casi davvero comici di annullamenti di matrimoni per “riserva mentale” ed altre baggianate che secoli di fede, di potere e di scienza avevano messo a disposizione di certi ambienti, soprattutto romani, e comunque ben forniti di danaro. Figli di uomini politici riportati con il Diritto Canonico alla mano, allo stato di scelbi e di vergini fanciulle etc. etc.
Quei miei interlocutori si entusiasmarono e insistettero perché traducessi queste mie informazioni, così poco diffuse e correnti, in pezzi di racconti da ricucire insieme. Mi dissero poi che purtroppo il finanziamento di lavori teatrali per quella stagione era ormai chiuso ma avrebbero trovato il modo di non sprecare il nostro lavoro. Quello che mi chiedevano era una consulenza ma riuscirono a farmi appassionare a degli aspetti autenticamente teatrali di vicende come quelle di cui, in vario modo e nelle mie multiformi vesti di avvocato e di politico, avevo avuto ed avevo occasione di essere informato. Non ricordo bene se poco prima o poco dopo quell’incontro io scrissi il mio primo libro di polemica politica: “Così annulla la Sacra Rota”. Nell’ambiente politico, compreso il Partito Radicale in cui allora militavo, l’importanza del ricondurre la battaglia del divorzio alla contrapposizione della soluzione laica a quella di quegli orrendi pasticci religioso-giuridici non fu compresa ed utilizzata. Non sto qui a discettare sul perché.
Ma nell’ambiente ecclesiastico il fatto che quella modestissima voce con quei mezzi estremamente deboli avesse rotto il “segreto” di quel potere strano della Chiesa di liberare pochi privilegiati dal vincolo pesante dell’indissolubilità matrimoniale, fece scalpore e in tutte le cerimonie di apertura dell’Anno Giudiziario Canonistico (Sacra Rota e Tribunali Ecclesiastici Regionali) si levarono alte grida di protesta per quella “intromissione” (!!!) nei loro affari.
Vidi varie volte quei simpatici teatranti e quello che era un mio suggerimento circa l’argomento di un lavoro teatrale divenne tale esso stesso ed essi aggiunsero solo qualche valida battuta e approntarono qualche limatura suggerita dal loro mestiere. Si arrivò alla rappresentazione. Non già in teatri, ma in qualche sede del Partito Comunista, con sospettoso atteggiamento dei burocrati di quartiere. Si vide che la cosa andava molto bene. Il lavoro, poi, fu rappresentato al Teatro Italia in Via Bari a Roma, con grande afflusso di pubblico che ne uscì divertito. Mi trascinarono sul palco a fare il solito inchino alla folla plaudente e francamente in quel momento la cosa mi apparve in tutto il suo ridicolo per me oltre che per i destinatari di quelle feroci battute.
Il testo della tragicommedia non l’ho mai avuto e ciò è elemento che da solo dà idea di come ci si arrangiasse nel lavoro. Fu, viceversa, scritto, redatto in forma abbastanza corretta da Mariani che registrò come sua opera. E fece benissimo perchè ciò avrebbe reso un pochino meno improbabile il successo e la propalazione del lavoro.
Cominciava allora il mio impegno politico formale. Delle mie digressioni letterarie e teatrali né Pannella, che credo ne fosse urtato, né altri del Partito si occuparono, non mancando di osservare che mi stavo “mettendo sulla strada di certi intellettuali di Sinistra!”.
Ho trovato tra le mie scartoffie la locandina della rappresentazione al Teatro Italia sotto la sigla per me tutt’altro che simpatica, dell’A.R.C.I.
Ne ho fatto un quadruccio esposto nell’ingresso nella mia casa-studio.
Di quelle questioni in termini scientifici cui non credo abbia nuociuto qualche sentore su quello squarcio verso la vita teatrale, dovetti occuparmi in uno dei più gravi processi discussi avanti alla Corte Costituzionale che segnarono, ma, (Adelante Pedro con juicio!) con fermo intento di non nuocere troppo ai rapporti concordatari. Tuttavia, l’avere impostato e fatta in qualche modo risultare l’alternativa “o Divorzio o Sacra Rota”, cioè o Diritto Laico o fantasiose elucubrazioni pseudo-religiose, è cosa che valse a quella che in sostanza è stata la fine del monopolio chiesastrico di certi problemi della nostra vita nazionale.
Mauro Mellini
21.05.2020
Nota:
“Così annulla la Sacra Rota” di Mauro Mellini
Edit. Samonà-Savelli