Renzi ha disertato le ultime manifestazioni della campagna elettorale amministrativa, quella per il ballottaggio di domenica 19 giugno.
Oramai, comunque vada il ballottaggio, la partita è per lui chiusa così male che nulla gli sarà facile come prima.
Invece di andare al soccorso dei candidati P.D., ha tenuto a ricordare che si tratta di “questioni locali”, che lui, uomo di Stato di dimensioni europee e mondiali, non può andare a “metterci la faccia”.
Fino ad un mese o due fa gli sembrava che bastasse in qualsiasi questione metterci la sua faccia col naso un po’ per l’insù per “rimettere le cose a posto”.
Ora sembra che vada cercando capri espiatorii. Quel che dice D’Alema, che magari pensa proprio che è meglio votare Lucifero che Renzi ed i renziani, ma che sostiene che ad affermare che lui “rema contro” sia proprio Renzi, per trovare una scusa per i suoi successori, non sembra facilmente contestabile.
Renzi continua a dire che la partita si giuoca ad ottobre, con il referendum costituzionale, non con queste “cosucce” localistiche.
Il fatto è che, mentre sarebbe dovere di Renzi, in quanto, allo stesso tempo, Segretario del P.D. e Presidente del Consiglio, mettersi in giuoco per elezioni in cui il suo partito è in così difficile situazione, o, almeno ciò sarebbe lecito, il fatto di “porre la questione di fiducia” proprio in una riforma costituzionale, che dovrebbe essere un provvedimento largamente condiviso ed approfondito, è sicuramente un abuso o, quanto meno, la prova che la cosiddetta riforma ha un carattere ed una funzione di parte e contingente, cosa che basta a condannarla senza appello.
Una Costituzione malamente disegnata per le finalità equivoche, i concetti oscuri e sconclusionati e per la prevalenza delle esigenze di prestigio precarie di un uomo politico di mezza tacca, al quale si attaglia assai bene nientemeno che la definizione di Al Capone: “Tutti chiacchiere e distintivo”. Basta sostituire “distintivo” con “Presidenza”.
Ma il discorso dell’inadeguatezza all’alta funzione di revisione costituzionale, rivelata e confermata dalla strumentalizzazione quale condizione per una permanenza al Governo, è estendibile a tutti i sostenitori del NI, quelli che, magari dicono che per far accettare il suo pasticcio rottamatorio-riformatore Renzi dovrebbe abrogare la legge elettorale, il cosiddetto “Italicum”. Se è vero che lo stesso criterio di strumentalità di parte e di partito ispira i due provvedimenti, ed a parte il fatto che di qui ad ottobre sostituire la legge elettorale è impossibile, è lo “scambio” in sé a risultare inammissibile ed oscuro, segno di una mentalità da politicastri di quart’ordine.
Un’ultima considerazione.
Io non credo che, dopo la vittoria auspicabile del NO, Renzi se ne vada a casa senza trovare che “altra è la vera prova che lo attende”. Ma, anche se non credo che il No sia da scegliere per far fuori questo mediocre personaggio, ben venga anche il NO in funzione esplicitamente antirenziana. Certo è del resto che oramai, quali che siano le scuse che Renzi potrà trovare per una sconfitta al referendum, la sua figura, il suo ruolo, le sue velleità, gli appoggi dei grandi interessi e dei poteri forti che ne avevano fatto “Il vincente”, già scaduti e usurati gravemente, soprattutto per queste elezioni amministrative, saranno ad ottobre addirittura rovesciati e ridicolizzati.
E potrà costruirsi dell’altro.
Mauro Mellini