Corre voce che non ci sia più nulla da meravigliarsi. Io mi meraviglio ancora per puro istinto. Passato il momento di ingenuità mi innervosisco o mi avvilisco secondo il soggetto e la sua gravità. Che io non mi meravigli più delle esternazioni politiche e le prenda ironicamente dipende soltanto dal fatto che rientro nella categoria di coloro che dopo ogni annuncio politico sbattono la testa contro il muro. La mia frase tormentone è “Non ce la posso più fare…”. Poi vengo scrollata da un certo numero di eroine ed eroi e vado avanti.
Ma come districarsi per un giornalista vero, e tale mi definisco anche se non più veramente l’età ed il fisico per passare sotto il filo spinato in qualche posto impervio per natura e per governo? Mi restano analisi ed editoriali al tavolino ma per quelli non ho più bisogno di fare il soldato Joe, mi basta avere le fonti giuste e soprattutto non scopiazzare dai giornali del mattino che sembrano aspettare tutti sulla linea di partenza controllando, con la coda dell’occhio, che anche gli altri abbiano pubblicato le stesse cose. Rassicuriamoci e stiamoci vicini sembrano dirsi. Anche se sui plateau televisivi poi si scannano.
Ma con un computer, i contatti giusti e luoghi dove andare Parigi dove si possono incontrare dal Ministro dell’Interno al rifugiato politico sono sufficienti. Con la preparazione dovuta e vissuta di chi giornalismo di terreno ne ha fatto ed ancora la voglia di indagare si potrebbero ancora raggiungere risultati di alto livello. Sempre che questi esemplari esistano ancora. Anche dalla Francia si possono ottenere serie informazioni che riguardano la situazione geopolitica attuale.
In tutto questo non posso non chiedermi sempre più costantemente se esiste ancora un posto per qualche giornalista, di quelli veri intendo, di quelli che non si pavoneggiano in TV anche quando sono invitati, di quelli che non sono diventati scrittori seriali. Perché quelli, veri, quelli che ricercano, si informano sul posto, forse anche in una sudicia periferia trovano sempre meno spazi per pubblicare. Il giornalista è quello che non ha paura dei germi – ad eccezione del giornalista di moda o di gastronomia che fanno giustamente il loro lavoro – quello capace di crearsi reti di conoscenze reti di conoscenze che una folta si chiamavano fonti e non veline. Conoscenze che non trova ai cocktail ma gente da chiamare o che ti contatta lei stessa per tenerti al corrente di qualcosa che è successo perché si fida di te. Ecco che davanti alla soddisfazione di essere andati coi propri occhi e nonostante le gambe stanche alle quali si aggiunge pure un po’ di magone dopo aver fatto un bagno della disperazione della gente come attualmente i migranti ed ancor peggio, essersi reso conto del pericolo che vivono loro quanto noi, quello dello sfruttamento… si vorrebbe poter raccontare al mondo le storie vissute in prima persona.
Bene… a queste constatazioni aggiungo che sono decisamente stanca della nuova “fauna giornalistica” ossia quella che una volta scriveva ottimi editoriali basati sulle proprie conoscenze intellettuali. Analisi di politica, di geopolitica, di cultura… Tanto di cappello, sfogliavo affannosamente i giornali per leggerli. Ma la “fauna giornalistica, nell’evoluzione della specie, si è trasformata nella fauna dei Tuttologi”.
I Tuttologi hanno spesso cominciato con lo scrivere un libro. Ad esempio sull’alimentazione ed i suoi effetti sulla psiche umana. In questo caso la o il Tuttologo diventa scrittore e filosofo chiamato ad intervenire su qualunque fatto di società, soprattutto di politica.
Altro esempio di Tuttologo è lo studioso. In questo periodo vanno molto di moda gli studiosi e ricercatori del mondo islamico. Che abbiano una rubrica di commento va benissimo ma come fanno ad analizzare fatti dei quali magari non sono ancora a conoscenza. Peccato che come i Tuttologi di cui sopra diventano onnipresenti ed onniscienti bloccando la strada a chi ne sa forse un po’ più di loro perché le notizie le ha prima e pure concrete. Stiamo qui a filosofare con centinaia di richiedenti asilo da proteggere ed altrettanti soldati, disertori, pochi di buono da bloccare? Ma no??? Ci sono anche loro… Eh, sì Signor Tuttologo ma non è scritto nei libri…
Lasciamo perdere il Tuttologo che ha scritto di mafia e che diventa un referente su tutte le mafie, il cui nome appare in tutti i giornali. Perché il Tuttologo fa vendere perché ha i suoi fan. Il tuttologo, con qualsiasi argomento abbia iniziato può commentare tutto, dalla religione all’ecologia.
Resta il giornalista che ha fatto le proprie ricerche, che si è esposto, che magari ha corso o corre qualche rischio, che prova ad alzare il ditino per dire “Ci sono!”. Complimenti, interessante quanto ha scritto (“ci credo ci sono delle informazioni inedite”, ma il caporedattore scuote la testa e dice, “Scusi, ma per quest’argomento abbiamo già il “Tuttologo X”. Ma il Tuttologo non dovrebbe commentare quanto ha scritto chi ha scoperto ed analizzato. E poi… un tuttologo serve?
Nel caso in cui il tuttologo necessitasse di una notizia calda da commentare ecco che le redazioni vanno alla ricerca di veline o di articoli di altri giornali.
La domanda più fastidiosa che ho sentito in questi lunghi mesi nei quali il Califfato ha pensato bene di insediarsi ed espandersi, domanda che continuo a sentire è: “Ma la SITE l’ha uscita”?. La SITE è un gruppo americano di tutto rispetto che, tra le altre cose monitorizza siti jihadisti, diretto da Rita Katz. Se, non per caso, ma per professionismo, hai una notizia prima di loro e magari per una botta di fortuna, devi perdere un sacco di tempo a spiegare che no, la SITE non ce l’ha ancora ma tu sì. Ed ecco che la SITE ci arriva pure lei e ti ha fregato involontariamente.
Ecco, io non sono e non voglio essere un Tuttologo. Provo a scrivere un libro il più leggero possibile e vediamo cosa succede?
Nel frattempo vado a vedere cosa sta succedendo ai siriani dimenticati alle porte di Parigi. Se qualche Tuttologo non ha paura di pulci e scabbia che si sono affezionati ai lerci materassi di poveri esseri umani venga pure.
Luisa Pace