Nonostante l’annuncio di un accordo di cessate il fuoco a partire dal 15 febbraio, cessate il fuoco necessario al proseguimento delle negoziazioni, c’è poco da illudersi sulle speranze di pace in Ucraina.
Intanto, proprio in questo momento i soldati ucraini circondati dai separatisti a Debaltseve devono deporre le armi su richiesta di Putin. Che intenda porre fine al conflitto a modo suo prima del cessate il fuoco di domenica prossima?
C’è da chiederselo anche perché proprio durante la lunga notte di Minsk, una cinquantina di carri, di altri blindati, una quarantina di lanciarazzi e lanciamissili Grad, Ouragan e Smertch assieme ad artiglieria pesante hanno attraversato la frontiera russo –ucraina all’altezza del posto di controllo di Izvariné, nella regione separatista pro-russa di Lougansk, secondo Andriï Lyssenko, portavoce delle forze armate ucraine.
L’operazione è stata condotta proprio nel corso del vertice di Minsk. Di che far perdere l’ottimismo di partenza. Di che pensare che Putin abbia fatto una gita in Bielorussia tanto per la forma.
L’accordo scaturito dalle 16 ore di discussioni comprende, oltre al cessate il fuoco, il ritiro dell’artiglieria e lo scambio di prigionieri con la creazione di una zona tampone ampliata che passerebbe da 30 a 50 km attorno alla linea del fronte.
La verità è che formalmente il Presidente Putin ed i partecipanti alla riunione di crisi non hanno raggiunto nulla più di una “dichiarazione di sostegno” che non cita le armi russe ma solo le armi “straniere”.
Già alle prime ore dell’alba la popolazione dell’Est Ucraina era pronta a lasciare le proprie case e l’esodo è già iniziato con cittadine come Debaltseve già completamente evacuata.
Luisa Pace